Stallman: ecco perché il sw dev'essere libero

Stallman: ecco perché il sw dev'essere libero

Terza ed ultima parte dell'intervista rilasciata dal padre del Free Software Movement a Punto Informatico, interamente dedicata alle ragioni del Software Libero e alla sua possibilità di impattare sulle libertà dell'individuo
Terza ed ultima parte dell'intervista rilasciata dal padre del Free Software Movement a Punto Informatico, interamente dedicata alle ragioni del Software Libero e alla sua possibilità di impattare sulle libertà dell'individuo


Roma – Il software deve essere uno strumento manipolabile e ridistribuibile per tante ragioni, anche perché questo aiuta a cooperare, a lavorare insieme, con vantaggi per tutti. Questo uno dei nodi su cui si articola l’attività del Free Software Movement fondato e animato da Richard Stallman , presidente di Free Software Foundation , qui al capitolo conclusivo di una lunga intervista rilasciata a Punto Informatico, una “sezione” interamente dedicata proprio al movimento che propone e sostiene il Software Libero (sezioni precedenti qui e qui ).

Punto Informatico: Parliamo quindi del Free Software Movement. Quali sono i valori fondamentali del movimento? In cosa crede? Qualcuno dice che crede soprattutto nella creatività
RMS: Attenzione, bisogna fare un po’ di chiarezza. I programmatori del FSM credono innanzitutto in due valori: libertà e comunità. Mi piace anche la creatività, d’accordo, ma non bisogna mai anteporre questo valore alla comunità ed alla libertà. Non si può perdere libertà importanti solo per preservare la “creatività”.

Tante volte, molti gruppi e molte persone parlano della “creatività” come se fosse un vero e proprio ideale, un credo con dei fini che ricadono sulla società. In verità, io ho elaborato una teoria riguardo questa curiosa faccenda.

PI: Può essere più chiaro?
RMS: Penso che tutta questa chiacchiera sulla creatività sia parte di una lunga campagna di agenda setting mediatico, condotta soprattutto da major discografiche e studios cinematografici. Vogliono insegnarci ed inculcarci che la “creatività” è al di sopra di tutto, così da farci sposare la causa della difesa estrema e belligerante del copyright.

PI: Il FSM va quindi contro le grandi aziende? Contro i poteri forti dell’industria multimediale e delle grandi software house?
RMS: Nuovamente, bisogna fare un po’ di distinzioni: anche se è vero che gran parte del “software non libero” viene prodotto da grandi aziende, noi non siamo assolutamente contrari al mercato ed all’industria. Noi siamo contrari a tutte quelle pratiche per la distribuzione del software che tolgono agli utenti la libertà di manipolare, modificare e ridistribuire i programmi.

PI: Volete forse creare un “modello alternativo”? Un’alternativa allo status quo?
RMS: No, no: noi siamo interessati a creare un’alternativa nella stessa misura in cui Greenpeace o Amnesty International vogliono cambiare le cose. Greenpeace vuole salvare l’ambiente dalla distruzione – non creare un’alternativa “verde” per una nicchia di persone. Amnesty International vuole liberare gli oppressi ed i criminali torturati, battendosi per dare loro i dovuti diritti umani – non vuole creare un mondo dove questi scempi non sono possibili.

Noi, come Free Software Movement, vogliamo dare a *TUTTI* gli abitanti del cyberspazio il diritto di modificare, ridistribuire e cambiare il software che usano – non abbiamo intenzione di creare un mondo separato dove solo pochi eletti hanno questi diritti.

Fintanto che libertà e comunità vengono indicate come due “alternative” all’attuale divisione ed oligarchia dilagante, significa che FSM ha ancora molto da fare.

PI: FSM si batte quindi per un mondo più libero. In che modo può contribuire allo sviluppo dell’informatica, specialmente nei paesi in via di sviluppo?
RMS: Quando un programma è libero, allora gli utenti possono ridistribuirlo e modificarlo. Nessuno deve pagare niente. Questo può far risparmiare soldi ai paesi più poveri, ed è sicuramente un bene. Ad ogni modo, questo non è il vero motivo per cui dovrebbero usare software libero.
Il motivo più importante è che l’uso del software libero è il miglior modo per essere liberi e per cooperare, una cosa positiva per tutti: ricchi e poveri.

PI: Cosa ne pensa del progetto di Nicholas Negroponte per distribuire computer a basso costo nei paesi poveri?
RMS: Mi piace. Io sono per chiunque distribuisca computer, laptop in questo caso, che utilizzano software libero.

PI: Ci sono progetti per “Free Computers”? Fantascientifico, forse, ma pensiamo a computer costruiti senza l’uso di brevetti. Ha mai considerato l’ipotesi?
RMS: C’è una bella differenza tra oggetti fisici ed oggetti digitali! Con libero accesso al sorgente, io posso ricompilare, modificare e copiare un software. Non possiamo fare la stessa cosa con i computer: non ci sono compilatori o sistemi per copiare le macchine, può essere fatto solo in fabbrica.

Sull’argomento, mi viene da pensare comunque a quello che io chiamo Treacherous Computing – qualcuno lo chiama Trusted Computing. Sta prendendo piede. Molti computer hanno hardware integrato che limita la libertà degli utenti, spiandoli.
E la nostra incapacità di produrre chip è un grosso problema che va affrontato: come possiamo essere sicuri di avere accesso totale ad una macchina che viene controllata da altri?

a cura di Tommaso Lombardi

Si ringrazia Stefano Maffulli per la cortese collaborazione nella stesura dell’intervista

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Pubblicato il
17 feb 2006
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