A colpi di legge contro il pedoporno

A colpi di legge contro il pedoporno

Anche il Governo si sta muovendo per fare dei provider il nodo centrale della lotta contro il fenomeno. Si parla di codice di auto-regolamentazione mentre l'associazione di don Fortunato denuncia sei siti ospitati da server italiani
Anche il Governo si sta muovendo per fare dei provider il nodo centrale della lotta contro il fenomeno. Si parla di codice di auto-regolamentazione mentre l'associazione di don Fortunato denuncia sei siti ospitati da server italiani


Roma – Sono sei i siti ospitati da server italiani ad essere coinvolti nella diffusione via internet di immagini di pornografia minorile secondo quanto denunciato dall’associazione Meter guidata da don Fortunato di Noto. Il parroco ha denunciato i siti presso la Procura della Repubblica di Siracusa e la polizia di Roma e Palermo, spiegando che forniscono accesso a fotografie di bambine fino a 11 anni di età.

“E’ come se ci fosse in questo caso – si legge in una nota dell’associazione – un paradiso pedofilo italiano; la nuova scoperta è la conferma che l’ Italia è coinvolta nel triste e sconvolgente fenomeno di divulgazione del mercato pedofilico”. Non si hanno invece ancora certezze sull’identità dei minori ritratti nelle fotografie, che potrebbero essere italiani. “Quello che fa impressione – ha dichiarato di Noto – è il fatto che nonostante le migliaia di persone indagate in Italia, il contrasto a livello repressivo, di prevenzione e informazioni e l’ipotesi di un codice di autoregolamentazione, il fenomeno appare inarrestabile e in evoluzione rapida e incontrollabile”.

Quello del codice di auto-regolamentazione, che avrebbe evidentemente l’utopistico scopo di tenere fuori dalla rete certi contenuti, sembra ben più di una semplice ipotesi. Il ministro delle Comunicazioni Gasparri, presso il cui ministero è impegnato lo stesso di Noto nella Commissione per l’infanzia, ha infatti chiesto alla Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo di individuare gli spazi per varare un codice di questo tipo.

“Internet – ha dichiarato il presidente di quella Commissione, Adalberto Baldoni – non puo’ rimanere un mondo a parte, senza alcuna regola. E’ impensabile che mentre le emittenti televisive e radiofoniche, la carta stampata, il cinema hanno precise normative, internet sia una giungla dove predomina l’ideologia dell’anarchia. Ecco perchè la proposta del ministro è stata immediatamente recepita”. Va detto che risale al 1998 una legge italiana in cui si prende di mira la produzione e lo spaccio di materiali pornopedofili e si parla anche di mezzi telematici. Una legge integrata poi da numerose altre disposizioni. Senza contare tutte le norme già attive contro l’abuso sui minori. Non è dunque chiaro cosa potrebbe aggiungere a tutto questo un nuovo codice di auto-regolamentazione.

In questo quadro vanno lette le dichiarazioni di Daniele Damele, presidente del Corecom friulano, incaricato di formare un gruppo di lavoro per la stesura di un codice del genere. Damele è contro una nuova legge, perché “comporterebbe numerose conseguenze negative” e “perché verrebbe meno uno degli aspetti più importanti di internet, ossia la libertà di connessione e di espressione che ne hanno favorito lo sviluppo, sia perchè internet, essendo una realtà senza confini geografici, potrebbe trovarsi di fronte a contrasti di difficile composizione fra i sistemi di legge esistenti nei diversi paesi”.

Secondo Damele il codice ha un senso, perché è “una soluzione che consentirà di mantenere la libertà della rete ed al tempo stesso potrà assicurare un principio di legalità a tutti i comportamenti che sulla rete si sviluppano”. Damele però tira in ballo direttamente i provider, richiamando nei termini le già criticate proposte di legge presentate in Parlamento , affermando che “sia del tutto necessario colpire chi compie reati contro i minori limitando al massimo, ovvero eliminando, i contatti violenti, volgari e pedopornografici obbligando, quindi, i provider a fornire servizi filtrati agli eccedenti o quanto meno a rendere esplicitamente note le società che forniscono tali servizi ai propri utenti”.

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Pubblicato il
17 mar 2003
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