ADSL e Internet. E gli scartati

ADSL e Internet. E gli scartati

di F. Penco. Sulla rete il vero affare finora è stato fornire l'accesso. Forse è giunto il momento di offrire condizioni di accesso capaci di invertire la rotta verso il digital divide all'italiana
di F. Penco. Sulla rete il vero affare finora è stato fornire l'accesso. Forse è giunto il momento di offrire condizioni di accesso capaci di invertire la rotta verso il digital divide all'italiana


Web – Da diverso tempo si sente parlare con molto ottimismo di sviluppo della rete italiana e di nuove opportunità imprenditoriali per le PMI, ma le premesse per questo progresso dove sono?

Capita persino di sentire Maurizio Costanzo, su Canale5, in una puntata del suo Show infarcita di protagonisti della Net Economy nostrana, sostenere, riguardo ai problemi di lentezza e costo eccessivo degli accessi, che: “A questo, mi sembra si stia ponendo rimedio nel giro di pochi mesi…”, forse alludendo ai servizi ADSL, offerti ormai da alcuni mesi, prima da Telecom Italia e poi da altri providers.

La realtà invece è diversa e gli ostacoli per lo sviluppo non sono solamente di ordine tecnico. Trascurando il fatto che i 640 kbps (=80 kbytes/sec per chi si fosse lasciato ipnotizzare dalle tre cifre! E ‘ un’ovvietà, ma non a tutti è dato saperlo!) sono puramente teorici e la prova su strada ridimensiona il mito dell’internet veloce a qualcosa di appena superiore alla buona vecchia superlinea ISDN, rimane la questione del prezzo di tale genere di connessione.

Il costo medio per l’utente si aggira sulle 140.000 £ mensili che farebbero risparmiare sulla bolletta telefonica solo i più accaniti stacknovisti del web. Le cause di questa situazione sono note ai più e vanno ricercate nell’assenza di un mercato concorrenziale nel settore delle telecomunicazioni del nostro paese.

All’ex monopolista è oggi permesso persino di stabilire a quali condizioni i rivali debbano competere, con la fissazione dei costi dell’interconnessione ed il prossimo affitto dell’ultimo miglio, mentre a livello istituzionale la risposta alle proteste è che “sì, questo fatto può creare lievi distorsioni, ma è fisiologico nel passaggio al libero mercato…”.

Così succede che si esaltino le meraviglie dell’e-commerce per le PMI senza considerare che il potenziale cliente é costretto a girare per negozi virtuali, marcato stretto dalla tariffa urbana a tempo. Anche i primi tentativi di offrire una tariffa flat non sono sempre convenienti e tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa.

Si favoleggia di portali dalla Pubblica Amministrazione che dovrebbero sradicare la piaga delle code allo sportello, tacendo del fatto che, nella maggior parte dei casi, coloro che oggi attendono in fila continueranno a farlo anche in futuro, completamente ignari dell’esistenza stessa dei pc e della rete.

Si arriva persino a spacciare l’UMTS come la via maestra per far arrivare Internet nelle tasche di milioni di italiani, quando lo stesso Presidente del Consiglio dei Ministri Amato, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare sul tema, ha ammesso che nel valutare il prezzo delle licenze in questione si é tenuto conto del fatto che tali servizi resteranno per lungo tempo nella fascia alta del mercato.

Sarebbe interessante sapere se la gente comune é tanto ottimista quanto certi personaggi della New Economy italiana che fanno soldi a palate semplicemente aggiungendo un .com al nome di non ben precisate iniziative imprenditoriali, ma forse sarebbe chiedere troppo a noi stessi.

Fino ad oggi il vero affare su Internet (eslusa la pornografia) è stato fornire l’accesso, mentre la maggior parte dei contenuti sono stati gratuiti. Sarebbe forse giunto il momento di invertire la tendenza ed offrire condizioni di accesso livellate verso il basso, quanto ai costi e non quanto alle prestazioni, per poi far pagare dei servizi innovativi.

Chissà se qualcuno di quelli che contano se ne è già accorto?

Federico Penco

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Pubblicato il
14 lug 2000
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