ADUC/ Sulla nuova e-legge, Governo miope

ADUC/ Sulla nuova e-legge, Governo miope

Ospitiamo un intervento del presidente dell'Associazione degli utenti e dei consumatori sul dl approvato dal Senato in materia di nuove tecnologie, accesso alla Rete ed e-commerce. Il rischio è che passi anche alla Camera
Ospitiamo un intervento del presidente dell'Associazione degli utenti e dei consumatori sul dl approvato dal Senato in materia di nuove tecnologie, accesso alla Rete ed e-commerce. Il rischio è che passi anche alla Camera


Firenze – Che l’e-commerce sia uno dei pochi settori che, per il futuro, garantisce sviluppo e qualità per produttori e consumatori, è innegabile, così come è innegabile che le regole del commercio tradizionale sono troppo rigide per essere applicate sulla Rete. Questo lo hanno capito un po ‘ dovunque nel mondo, tant’è che gli approcci più diffusi sono quelli della delegificazione e autoregolamentazione, per favorire l’accesso e l’uso ad un numero sempre più alto di nuovi imprenditori e consumatori.

La legge approvata ieri dal Senato, però, non va in questa direzione, ma, dando per scontate le norme tradizionali del commercio, prevede solo una serie di finanziamenti (crediti d’imposta e contributi in conto capitale) per il settore tessile, abbigliamento e calzaturiero, e un fondo di garanzia per coprire le banche che erogheranno crediti agli studenti per l’acquisto di un personal computer.

A parte il fatto che e-commerce non significa solo tessuti, vestiti e scarpe (anzi!), la legge approvata sembra ignorare del tutto lo strumento telematico, trattandolo alla stregua di un “abbellimento degli attuali negozi”, evitando accuratamente di affrontare i nodi principali di questa nuova forma di vendita: la facilità di accesso, di intrapresa e di consumo, con il conseguente avvicinamento ad una quantità smisurata di offerte e di consumatori che, con le regole e i costi tradizionali, non potrebbero altrimenti farlo.

Nella legge non si affronta, per esempio, il problema delle autorizzazioni, dell’Iva, dei costi delle prestazioni lavorative. Inoltre, limitandolo a tre settori merceologici, fa discriminazione creando il commercio buono e quello cattivo, e abbandona l’editoria on-line alle leggi restrittive della carta stampata e del sistema radiotelevisivo.

Eppure in Senato c’erano altri progetti di legge, come quello, per esempio dei senatori Milio, Gawronski, Semenzato, Cossiga, Cortiana e altri che potevano essere di conforto per un dibattito più ampio. Ma, nonostante -per restare sempre a questo progetto- fosse stato depositato da molto più tempo rispetto a quello del Governo, si è preferito ignorarlo. A cose fatte capiamo perché: questo progetto prevedeva l’assenza di autorizzazione per il commercio on-line, aliquote Iva tra il 4 e 10%, varie agevolazioni fiscali e retributive, nonché l’assenza di iscrizione ad alcun albo per i giornalisti che si assumono la responsabilità di divulgare informazione on-line.

In questa situazione è ovvio che i faraonici progetti di alfabetizzazione informatica per raggiungere, quantomeno, i livelli degli altri Paesi europei, resteranno solo tali: non basta consentire ad uno studente l’acquisto agevolato di un pc, ma bisogna anche che l’offerta in Rete sia allettante e se si limita e si ignora proprio lì dove c’è l’espansione e l’apertura -come fa questa legge- si resta fermi al palo.

Vincenzo Donvito
Presidente di ADUC , Associazione degli utenti e dei consumatori.

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Pubblicato il
29 set 2000
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