Americano scrive negli USA. Denunciato a Sydney

Americano scrive negli USA. Denunciato a Sydney

Succede ad un reporter statunitense che si è appellato alle Nazioni Unite affinché dichiari che l'Australia viola i suoi diritti di espressione. Un caso chiave da seguire con attenzione
Succede ad un reporter statunitense che si è appellato alle Nazioni Unite affinché dichiari che l'Australia viola i suoi diritti di espressione. Un caso chiave da seguire con attenzione


Roma – Bill Alpert è vittima da mesi dell’incapacità del mondo fisico di abituarsi alla flessibilità del mondo elettronico. Il giornalista americano è infatti nel mirino di un businessman australiano per un articolo che ha scritto su un sito statunitense. Un apparente paradosso che si traduce in un procedimento giudiziario aperto a carico di Alpert in Australia. Il reporter si è ora rivolto alle Nazioni Unite affinché affermino che il processo australiano nei suoi confronti è una violazione dei propri diritti di espressione, quelli citati nella Carta dei diritti dell’uomo che l’ONU fa propria.

Il caso è nato da un articolo che Alpert ha pubblicato nel 2000 sul sito Barrons.com , un pezzo che getta ombre sulle fortune finanziarie del businessman australiano Joseph Gutnick.

Da allora Alpert e il suo datore di lavoro, il colosso americano Dow Jones, hanno tentato di dimostrare in tribunale in Australia che nessuna corte di quel paese può essere considerata competente per giudicare lo stesso Alpert. Ma hanno perso in diversi gradi di giudizio e a novembre si aprirà il processo contro il reporter americano.

Evidenti, dunque, le contraddizioni e i paradossi che tutto questo porta con sé e che trasforma questo caso da ennesima querela per diffamazione in una chiave di diritto internazionale nell’era digitale osservata con la massima attenzione da numerosi osservatori internazionali. Una vicenda che a qualcuno ricorda il tentativo di un tribunale di Parigi di giudicare l’americana Yahoo! per i contenuti pubblicati sul sito statunitense dell’azienda.

Al centro del dibattito, naturalmente, la preoccupazione che chi pubblica contenuti su web sia costretto a vedersela non solo con le leggi del proprio paese ma anche con quelle di altri paesi, nei quali possono valere ordinamenti diversi basati su differenti principi. Il rischio è quindi quello di un restringimento delle libertà di espressione. Ed è su questo che Alpert spera che le Nazioni Unite vorranno esprimersi. L’agenzia per i diritti umani dell’ONU ha iniziato a investigare il caso.

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Pubblicato il 5 mag 2003
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