Bangalore (India) – La moderna e popolosa Bangalore ha due facce: agli occhi dell’industria high-tech occidentale è il paradiso dell’outsourcing , dove reperire mano d’opera qualificata a bassissimo prezzo. Ma un abitante di questo lontano sprawl urbano, fatto di palazzoni alternati a catapecchie, potrebbe esprimere un giudizio totalmente opposto: Bangalore è l’ inferno dei rifiuti tecnologici , dove le multinazionali dell’IT hanno creato lugubri cimiteri dell’elettronica .
Le aziende locali importano quotidianamente quintali di scarti tecnologici e vecchi apparecchi dai ricchi paesi dell’occidente. Un traffico complesso che alimenta un florido sistema economico sotterraneo : mostruose discariche a cielo aperto , scoperte dagli inviati di BBC , diventano i magazzini ipertrafficati da eserciti di apprendisti stregoni cyberpunk che, costretti dalla fame, sezionano e fondono i rottami elettronici per estrarre argento, oro e platino.
Può sembrare bizzarro, ma è la dura realtà di una città messa in ginocchio da estreme disparità sociali e dai galoppanti interessi delle industrie elettroniche. Il governo indiano, a differenza della vicina Repubblica Popolare Cinese , non ha ancora varato nessun piano legislativo per rispondere a questa emergenza ecologica .
Una vera “bomba ad orologeria” che sta già iniziando a lasciare profondi segni sugli ambienti umani e naturali: materiali tossici come cadmio e piombo , copiosamente prodotti dalle fucine fai-da-te dei cosiddetti riciclatori , hanno già raggiunto livelli critici nel sangue delle persone che vivono a Bangalore.
Un medico specializzato in tossicologia, il Dott. Thuppil Venkatesh, ha dichiarato che gli ospedali locali hanno iniziato a registrare tassi incredibili di avvelenamento da piombo : una persona su due ha livelli ematici di questo inquinante “10 volte maggiori rispetto alla soglia di normalità”. L’industria dei rifiuti IT, completamente abusiva e priva di misure di sicurezza, coinvolge soprattutto i bambini dei quartieri più poveri. “In un bimbo”, conclude Venkatesh, “questa incredibile presenza di piombo può causare gravi ritardi mentali e mutazioni genetiche”.
I membri locali di Greenpeace sono indignati e chiedono aiuto alla comunità internazionale affinché questo scempio possa avere fine. “Le multinazionali stanno scaricando i loro rifiuti tecnologici in India” mascherandoli con “carità e buoni intenti”, denuncia Ramapati Kumar, attivista che si interessa di questa nuova e pericolosissima forma di inquinamento. Le grandi aziende, messe in difficoltà da dure leggi ambientali nei loro paesi d’origine, si starebbero infatti liberando dei rifiuti facendoli passare come “un’azione benevola”: informatizzare i paesi in via di sviluppo. In verità, conclude Kumar, “è una mossa dettata dall’assoluta mancanza di standard indiani per il trattamento di questi rifiuti”.
Tommaso Lombardi