Bocciato il figlio del CPRM. Utenti salvi?

Bocciato il figlio del CPRM. Utenti salvi?

La nuova proposta per integrare forme di protezione dei diritti intellettuali nell'hardware degli hard drive, figlia del famigerato CPRM, è stata nuovamente respinta dal comitato ATA. Un urrà dagli avvocati del free-speech
La nuova proposta per integrare forme di protezione dei diritti intellettuali nell'hardware degli hard drive, figlia del famigerato CPRM, è stata nuovamente respinta dal comitato ATA. Un urrà dagli avvocati del free-speech


San Francisco (USA) – La proposta di standardizzare uno schema di protezione dei diritti d’autore direttamente nell’hardware è stato definitivamente bocciato dal comitato tecnico T.13 del NCTIS (National Committee for Information Technology Standards).

La storia, come qualcuno ricorderà, iniziò verso la fine dello scorso anno quando alcuni media resero noto il tentativo, da parte dell’industria dello storage, di integrare nell’hardware degli hard drive un nuovo schema di protezione dei diritti d’autore chiamato Content Protection for Recordable Media (CPRM).

Il CPRM, a cui è stato dedicato un articolo approfondito , è una sorta di “lucchetto digitale” ai contenuti registrabili su disco rigido proposto dal consorzio 4C al NCTIS: l’obiettivo iniziale era l’integrazione nello standard ATA (il protocollo utilizzato dai dischi fissi IDE) delle specifiche del CPRM.

Sebbene il 4C ufficialmente avesse sempre sostenuto la volontà di applicare il CPRM soltanto ai dispositivi di memoria rimovibili e alle flash memory card, la modifica dello standard ATA allarmò le associazioni che si battono per la difesa dei diritti degli utenti che, Electronic Frontier Foundation in testa, diedero immediatamente inizio a campagne di protesta e di sensibilizzazione dei consumatori.

Questo convinse il 4C a fare parziale marcia indietro e proporre al T.13 un compromesso, poi bocciato anche quello.


Ad essere stato respinto è ora l’ultimo tentativo di approvare una seppur generica porta d’accesso a CPRM. Il documento, chiamato ” Proposal to Support Generic Functionality ” proponeva infatti di lasciare la possibilità ai produttori di integrare, nel set di comandi ATA, funzioni proprietarie.

La proposta, secondo molti avvocati del free-spech, non era altro che un modo furbo per far passare il CPRM senza chiamarlo in causa direttamente, l’ennesimo compromesso che, se fosse passato, avrebbe ugualmente dato la possibilità ai produttori di hardware di implementare nei loro hard drive forme di protezione dei contenuti, fra cui il famigerato CPRM.

Visto che il nuovo standard ATA non verrà approvato prima di agosto, è possibile, anche se a questo punto altamente improbabile, che possano venire avanzate altre proposte di questo genere. Il vero timore di chi si batte per i diritti degli utenti è però quello che il CPRM venga adottato di nascosto, anche se la sua mancata standardizzazione dovrebbe impedirgli una larga diffusione.

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Pubblicato il 4 apr 2001
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