Bufala letale in Pakistan

Bufala letale in Pakistan

Panico nel paese per un pericoloso virus che si trasmette dal cellulare all'uomo. Si tratta di una bufala colossale, ma ci cadono in molti
Panico nel paese per un pericoloso virus che si trasmette dal cellulare all'uomo. Si tratta di una bufala colossale, ma ci cadono in molti

Karachi – Venerdì scorso gli operatori di telefonia mobile del Pakistan hanno ricevuto moltissime chiamate da parte di utenti impauriti da un SMS nel quale si avvertiva che un pericoloso virus poteva diffondersi anche attraverso i cellulari e aveva già provocato 20 vittime.

Una bufala che rassomiglia per molti versi alle decine di catene di S.Antonio che intasano la rete e talvolta anche la telefonia mobile. Ma è così “grossa” da aver destato l’attenzione dei media internazionali.

Per quanto incredibile, questo SMS allarmistico è andato via via diffondendosi, tanto che alcuni muezzin nelle moschee hanno lanciato avvertimenti, leggendo talvolta questa notizia come un segno dall’alto, invitando i fedeli a non usare il telefonino in quanto reale minaccia. Inoltre il capo del pronto intervento della regione del Punjab ha ricevuto un richiesta di aiuto per un uomo che si era accasciato a terra subito dopo aver ricevuto una telefonata sul proprio telefonino.

Nel paese, che conta 160 milioni di cittadini, vi sono circa 52 milioni di persone che possiedono almeno un cellulare. Farah Hussain, portavoce di Warid Telecom , ha riferito che i propri operatori hanno provveduto a calmare gli animi di coloro che, terrorizzati, avevano chiamato, smentendo quella che è stata definita, a ragione, una diceria senza alcun fondamento scientifico.

Oltre a suscitare ilarità, questa notizia ha destato le impressioni, non proprio entusiaste, di alcuni blogger . Uno di questi, Ali Eteraz , sostiene come questa sia una testimonianza dell’ignoranza tecnologica che affligge molti paesi islamici, spesso ancorati a superstizioni antiche che li rendono più impressionabili di altri popoli più avvezzi alla tecnologia.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il
16 apr 2007
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