Washington (USA) – La censura in Cina ? “Una cosa tremenda, ma impossibile da evitare”, ha dichiarato il portavoce di Yahoo! nel giorno del confronto con la commissione per gli affari internazionali del parlamento federale statunitense. “Essere in regola con le leggi”, ha poi suggerito, “è il massimo che possiamo fare: noi, semplice azienda, non possiamo certo dettare legge ai governi dei paesi che ci ospitano”.
Il delegato del motore di ricerca californiano, affiancato dai rappresentanti di Cisco , Google e Microsoft , ha dovuto difendere le attività cinesi dalle violente accuse scagliate da politici, accademici e giuristi. “Scendete a patti con le dittature, vergognatevi”, ha gridato il parlamentare Tom Lantos: “Non capisco come i vostri manager possano dormire sonni tranquilli”, ha poi detto rivolgendosi a Yahoo.
Presieduto dal senatore Christopher Smith, il tavolo delle consultazioni si è presto trasformato in un incalzante susseguirsi di smentite, colpi di scena e confessioni. Le aziende nel mirino chiedono innanzitutto l’aiuto degli Stati Uniti , in veste di mediatori diplomatici ed economici, affinché le condizioni democratiche della Repubblica Popolare Cinese possano migliorare.
Una esigenza “importantissima”, stando a quanto afferma Microsoft: la multinazionale di Redmond, presente in Cina da solo nove mesi, e già forte di tre milioni e mezzo di utenti su MSN Search , ha messo in luce il problema delle leggi locali . “Il problema della censura ci rende molto tristi ed è un grandissimo scoglio”, ha detto il portavoce, “tuttavia dobbiamo continuare ad essere produttivi e non possiamo abbandonare il paese o pretendere di ignorare le leggi locali sul controllo dell’informazione”.
L’esponente di Microsoft, ricerche di mercato alla mano, ha quindi affermato con ottimismo che “MSN Blog”, nonostante sia pesantemente censurato , “ha dato comunque modo ai cittadini cinesi di essere più informati su argomenti come SARS, diffusione dell’HIV ed influenza aviaria”, partecipando così ad un “lento processo di democratizzazione”. Questa, a detta dell’emissario di Redmond, sarebbe la dimostrazione di una convivenza possibile tra aziende occidentali e regime cinese.
Google sembra avere due pesi e due misure : ” Google.cn è solo la versione di Google in cinese, pensata per gli utenti cinesi e regolamentata secondo le esigenze del governo cinese”, ha detto il portavoce del re delle ricerche online. La presenza in Cina, ha specificato il portavoce, implica il “rispetto delle leggi locali”. “Noi abbiamo pensato di avvertire gli utenti che i risultati di ricerca visualizzati su Google.cn possono essere differenti da quelli che si trovano su Google.com”, ha aggiunto.
Il colosso di Mountain View è fondamentalmente favorevole ad un intervento degli Stati Uniti per far nascere di una task force mondiale per la libertà d’espressione , finanziata dai grandi player del mondo di Internet.
Cisco ha quindi negato di avere un ruolo nelle censure operate da Pechino nei confronti degli utenti Internet: “Gli apparecchi prodotti da Cisco sono utilizzati negli Stati Uniti, in Canada, in Europa, nei paesi arabi e persino in Cina: le infrastrutture che la Cina usa per censurare”, ha specificato il portavoce del colosso delle telecomunicazioni, “sono esattamente le stesse che vengono utilizzate per togliere la pornografia dalle intranet aziendali o per proteggere le istituzioni dagli assalti di cracker e malintenzionati”.
Cisco ha ribadito che i suoi prodotti non sono “progettati per la censura”, come molti utenti e sostenitori delle libertà digitali hanno più volte denunciato, bensì “servono per inseguire la speranza che Internet diventi un barlume di democrazia per l’umanità liberata dalle dittature”.
La Cina è un mercato gigantesco ed appetibilissimo , con 110 milioni di utenti Internet ed indici di crescita economica folgoranti. Il senatore Smith ha ricordato alle aziende che “qualsiasi tipo di cooperazione con le tirannie non giustifica nessun tipo di guadagno”, specie quando vengono messi a disposizione “strumenti che rendono possibile la dittatura e la repressione dei diritti umani”.
Tommaso Lombardi