Cerf: il RIP è pericoloso

Cerf: il RIP è pericoloso

Il padre del TCP/IP se la prende con la legge britannica che mette in atto un monitoraggio di massa delle comunicazioni elettroniche e avverte: non si può identificare tutti con un numero. E la cifratura non basta di certo
Il padre del TCP/IP se la prende con la legge britannica che mette in atto un monitoraggio di massa delle comunicazioni elettroniche e avverte: non si può identificare tutti con un numero. E la cifratura non basta di certo

Roma – Vinton Cerf, il padre del protocollo TCP/IP e uno degli scienziati-visionari a caccia di nuovi strumenti per rendere la Rete più solida e flessibile, si è scagliato contro il RIP, la legge britannica che ha suscitato scandalo su tutta la Rete. Come noto, il RIP ha aperto la via ad un monitoraggio di massa delle comunicazioni elettroniche in Gran Bretagna da parte delle autorità.

Secondo Vinton Cerf, il RIP è una legge che non avrebbe mai dovuto essere approvata, perché è pericolosa: “Dio mio, molti di noi negli Stati Uniti sono preoccupati per il RIP, una legge che ha suscitato le stesse preoccupazioni del sistema Carnivore”.

Cerf ha chiarito di comprendere la necessità di trovare un equilibrio tra il diritto alla riservatezza dell’individuo e la sicurezza della comunità nel suo insieme, ma ha anche sottolineato la sua preoccupazione per come fino a questo momento questo equilibrio viene “inseguito”.

Lo scienziato, oggi alto manager di MCI WorldCom oltre che motore della ricerca su IPv6, ha spiegato il pericolo implicito nel legare tutte le informazioni e le autorizzazioni digitali di un individuo ad un unico elemento di riconoscimento elettronico globale. Un “global ID” può infatti essere sempre violato e con esso tutte le informazioni che non dovrebbero mai finire in mano a terzi. Secondo Cerf, chi punta tutto sulla cifratura come mezzo di sicurezza “è chiaramente un pazzo”.

Da questo punto di vista l’unica soluzione è un sistema di chiavi pubbliche multiple che siano associate in modo univoco non con la persona ma con il rapporto che questa ha con un’azienda certificatrice.

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Pubblicato il
6 nov 2000
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