È stato più volte descritto con gli epiteti più violenti, rappresentato come un cane da guardia di Pechino o più semplicemente come un nemico di tutti i netizen cinesi. Al professor Fang Binxing sono state rivolte le accuse più diverse, tutte riconducibili al suo ben noto soprannome: il padre della Grande Muraglia digitale cinese .
Ovvero dell’imponente meccanismo di controllo della Rete che impedisce a milioni di utenti del paese asiatico di avere libero accesso a determinati contenuti del web. Fatti di cronaca, filmati, servizi social come quello offerto da Facebook. Rigidamente custoditi all’interno delle mura innalzate dal governo di Pechino.
Ma questa stessa grande muraglia digitale pare ora aver bisogno di ulteriori migliorie , non affatto resistente agli “scalatori” più arguti di Internet. Nel corso di un’intervista esclusiva con il quotidiano Global Times , Binxing ha sottolineato l’urgente necessità di apportare sostanziali modifiche alle attuali misure censorie cinesi .
Pare che lo stesso Binxing abbia giocato con delle VPN per testare l’effettiva resistenza della Grande Muraglia digitale. Dal proprio computer, Binxing è in pratica riuscito a visualizzare i principali siti bloccati su ordine delle autorità cinesi .
E il professore ha assicurato di averlo fatto solo per il bene della sua muraglia, descritta come una soluzione necessaria alla stabilità del governo. Binxing ha infatti parlato di una sorta di bene superiore da tutelare, ovvero quello supremo della difesa della nazione.
Un sacrificio , accettato di buon grado da Binxing per tutelare la stabilità della Rete cinese. Gli insulti – piovuti a migliaia sulla piattaforma di microblogging locale Sina – sarebbero soltanto una comprensibile reazione emotiva da parte dei netizen. Questi avrebbero in pratica solo bisogno di qualcuno da incolpare per non aver visto soddisfatti alcuni desideri di navigazione.
Mauro Vecchio