San Francisco (USA) – Siamo alle dichiarazioni di principio. I discografici americani della RIAA hanno chiesto ad un tribunale di impedire a Napster di “facilitare o di supportare chi copia, scarica, trasmette o distribuisce opere di ingegno protette da diritto d’autore”. In altre parole, le multinazionali della musica hanno chiesto la chiusura del sistema scambia-file più celebre.
La “mossa”, spiegano alla RIAA, è stata decisa dopo le dichiarazioni della MPAA , altra associazione che raduna multinazionali, questa volta del cinema. Secondo la MPAA, Napster rappresenta la porta verso la violazione diffusa del copyright: “Se Napster può incoraggiare o facilitare la distribuzione di musica pirata, allora che cosa lo fermerà dal fare lo stesso con i film, il software, i libri, i giornali, la televisione, i videogame o le fotografie?”
Pare, dunque, che gli industriali abbiano capito che si stanno giocando tutto. Non è chiaro se abbiano capito che chiudere Napster non serve a granché, vista l’esistenza di un numero sempre maggiore di alternative anonime ben più duttili del più celebre tra gli ambienti di file-scambisti online.
Che la situazione comunque stia degenerando lo dimostra la presentazione da parte della RIAA, proprio in queste ore, di un rapporto secondo cui alla diffusione di Napster si devono i magri risultati di vendita ottenuti in determinati settori dall’industria musicale. Ai prezzi praticati e ai mezzi di distribuzione utilizzati, invece, nessun accenno.