In molti sognano l’avvento dell’ ubiquitous computing , un’era in cui i computer saranno integrati in ogni “cosa” e si potranno anche indossare senza alcun antiestetico “scatolotto” contenente l’elettronica di controllo separata dal vestiario vero e proprio. Reebok sarebbe pronta a trasformare questo sogno in realtà entro due anni, grazie alla sua partnership con la startup MC10 specializzata nello sviluppo di silicio “flessibile” e altamente integrabile.
I microchip e gli elementi computazionali realizzati da MC10 sono microscopici, estremamente sottili e possono resistere alle sollecitazioni come un elastico, caratteristiche che ne permettono l’inclusione all’interno del tessuto del vestiario in maniera trasparente. I capi di abbigliamento così ingegnerizzati aderiscono alla pelle di chi li indossa senza alcun sentore di oggetti esterni.
L’utilizzatore del “vestiario intelligente” può così giovarsi del lavoro di microchip, sensori e LED in grado di leggere parametri fisiologici e atletici come il battito cardiaco o la pressione sanguigna, il livello di pH del sudore, il passo di marcia e la tensione applicata alle giunture. I chip al silicio flessibile sono efficienti e consumano meno energia delle soluzioni di “wearable computing” basate su altri tipi di materiale; inoltre, una maggiore aderenza alla pelle permette ai componenti di restituire misurazioni più precise .
Reebok pensa ovviamente all’impiego delle tecnologie di MC10 come elemento di “realtà aumentata” utili in campo atletico: ma è indubbio il vantaggio di poter adottare un simile ritrovato in ambiti di utilizzo diversi e magari orientati ad applicazioni ludiche, all’interfaccia con personal computer, dispositivi di elettronica di consumo, lettori multimediali e così via.
Alfonso Maruccia