Cinema e digitale, rivedere il diritto d'autore

Cinema e digitale, rivedere il diritto d'autore

Ne parlano esperti di NewGlobal.it in una lettera aperta alla Commissione Cultura. Il decreto Urbani può rappresentare uno spunto per aggiornare il diritto d'autore all'era digitale?
Ne parlano esperti di NewGlobal.it in una lettera aperta alla Commissione Cultura. Il decreto Urbani può rappresentare uno spunto per aggiornare il diritto d'autore all'era digitale?


Roma – Spett. On.Adornato presidente 7a commissione camera dei deputati
Spett. On. Carlucci Relatrice ddl Urbani

L’associazione NewGlobal.it si felicita con la vostra scelta, comunicata a mezzo stampa , di escludere conseguenze penali per chi utilizza materiale protetto da copyright senza fine di lucro, come altresì accoglie con molto favore la contrarietà di gran parte del mondo politico compresi alcuni ministri del governo in carica a trasformare in maniera impropria il provider da fornitore di servizio in guardiano dei propri clienti, attentando alla segretezza delle loro comunicazioni private ed in genere alla loro riservatezza.

Ne conseguirebbe, a nostro modesto avviso, una evidente alterazione delle competenze relative alla pubblica sicurezza ed alla repressione degli illeciti, così come disegnate dalla nostra Carta costituzionale all’art. 15 e, comunque, fuori da qualsiasi garanzia giurisdizionale, in aperta violazione dell’art. 109 della stessa Costituzione (che pone la polizia giudiziaria alle dirette dipendenze e sotto il controllo della magistratura). Se è vero, infatti, che il testo del d.l. 72/2004 dispone che “a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, i fornitori di connettività e di servizi comunicano alle autorità di polizia le informazioni in proprio possesso utili all’individuazione dei gestori dei siti e degli autori delle condotte segnalate”, è altrettanto vero che la raccolta di tali informazioni avviene prima ed a prescindere da ogni provvedimento (e da ogni controllo) della magistratura. Una impostazione quest’ultima in linea con quanto i parlamentari hanno stabilito poco tempo fa relativamente ad un altro decreto divenuto tristemente famoso come decreto Grande Fratello .

Notiamo però la mancanza della volontà di affrontare in modo organico, anche e soprattutto nelle competenti sedi internazionali, (promuovendo, ad esempio, la rimeditazione del TRIPs e della convenzione di Berna), tutte le problematiche connesse al ruolo del diritto d’autore nella società moderna.

Giova osservare, poi, che una analisi approfondita e fortemente orientata alla valorizzazione di tutti gli artisti mal si concilia con la decretazione d’urgenza. Riteniamo, pertanto, che sia molto più opportuno seguire l’iter ordinario di formazione della legge, al fine di consentire il più ampio dibattito – nelle Camere e nel Paese – su un tema ormai così delicato.

Nello specifico, notiamo come l’azione del decreto legge miri a tutelare non gli autori, in quanto tali, ma le posizioni di rendita maturate dalle cosiddette major, titolari dei diritti di sfruttamento economico di una larghissima parte delle opere cinematografiche, consolidando un reticolo di privilegi che non può che nuocere alla libera circolazione dell’arte e della cultura. Riteniamo che l’azione di uno Stato democratico debba essere “promozionale”ed indirizzarsi verso la rimozione degli ostacoli che impediscono di fatto il pieno dispiegamento della personalità del singolo e che ne frustrano le aspirazioni e le inclinazioni naturali.

Pertanto, appare francamente inaccettabile l’adozione di provvedimenti normativi che – attraverso il rafforzamento delle tutele poste a salvaguardia dell’interesse di poche multinazionali – creano ostacoli ulteriori al singolo, accentuando, anziché attenuare, le posizioni di squilibrio.

La particolare formulazione del nuovo testo dell’art. 171, lett. A-bis), della l.d.a., appare per più aspetti infelice, a cominciare dalla “lett. a-bis)”, laddove era pienamente disponibile una “lett. e)”, il cui contenuto era stato lasciato libero a seguito dell’abrogazione intervenuta nel 1981. Ma, sia chiaro, la nuova previsione dell’art. 171 introduce ben altri problemi, introducendo una previsione di reato – punito con una multa – per chi “in violazione dell’articolo 16, diffonde al pubblico per via telematica, anche mediante programmi di condivisione di file fra utenti,un’opera cinematografica o assimilata protetta dal diritto d’autore, o parte di essa, mediante reti e connessioni di qualsiasi genere”.

Una previsione che – posta in relazione con il dovere di controllo e raccolta dei dati posto a carico dei provider – non si teme di definire liberticida. Visto, infatti, che tutte le opere dell’ingegno di contenuto artistico sono protette dal diritto d’autore, per il solo fatto di essere state create, andrebbero sottoposti alla misura penale anche gli stessi autori – o le piccole realtà imprenditoriali – che liberamente mettono a disposizione in rete le proprie opere. E’ evidente che chi ha redatto il testo del d.l. In questione non ha tenuto in alcun modo presente il ricchissimo (artisticamente) circuito dei cortometraggi, che – salvo rarissime eccezioni – sono prodotti dagli stessi autori o da piccole case di produzione indipendenti. Questi, proprio grazie all’abbattimento dei costi consentito dalle tecnologie informatiche, riescono a confezionare film di buon livello, rendendoli poi disponibili in rete, proprio per superare le difficoltà distributive che nascono dal controllo oligopolistico delle sale cinematografiche, da una parte, e da una vera e propria attività di selezione operata dai distributori, dall’altra.

Piuttosto che impedire il pieno dispiegarsi della fantasia e dell’abilità imprenditoriale di questi piccoli produttori ed artisti, attraverso norme ingiuste e poco meditate, evidentemente ispirate da logiche monopolistiche, per noi è primario compito dello Stato permettere a tutti coloro che hanno delle qualità artistiche di sfuggire alle forche caudine dei pochi intermediari capaci di elevare pochi e stroncare molti. Lo Stato deve fare uno sforzo serio e creare le condizioni affinché per tutti sia possibile tentare la carta della carriera artistica, senza doversi sottomettere a regole imposte dalle direzioni generali delle major, con la conseguente perniciosa omologazione mondiale del gusto e la allarmante emersione del pensiero unico.

Il drammatico epilogo della parabola artistica di una grandissima interprete come Gabriella Ferri dovrebbe costituire una ragione per riflettere, più che un pretesto per la solita retorica ipocrita e per l’esibizione del dolore-spettacolo e delle lacrime di coccodrillo. Una donna, dalla evidente fragilità emotiva, che aveva portato in classifica di vendita il folk italiano – un prodotto ritenuto, evidentemente a torto, invendibile dalle case discografiche – è stata completamente abbandonata dal sistema produttivo e ghettizzata, anche a causa della sua volontà di non voler scendere a compromessi. Questo è il risultato ultimo dell’eccessiva tutela che lo Stato sta fornendo a società commerciali multinazionali che non producono (e non hanno alcun interesse a produrre) cultura ed arte, ma che badano esclusivamente al fatturato.

Restano inoltre dei macigni legati proprio all’istituto diritto d’autore. L’autore in realtà è il classico nano tra i giganti, il suo apporto è infinitesimo rispetto a quanto gli altri o l’ambiente circostante hanno già realizzato. E’ la storia del progresso umano, ognuno continua da dove l’altro ha smesso. Il diritto d’autore così come oggi è stato estremizzato impedisce ad una società di evolversi. Oggi Terenzio e Plauto sarebbero stati citati in tribunale e costretti a risarcimenti miliardari.

L’attuale durata della protezione del diritto patrimoniale d’autore, estesa a 70 anni dalla morte dell’autore (e nelle opere cinematografiche a 70 anni dalla morte dell’ultimo dei coautori), rappresenta un’assurdità incomprensibile. Se l’opera ha avuto successo, i proventi della stessa arricchiranno non certo l’autore, giacché è morto né, probabilmente, i suoi eredi. Se l’opera non ha avuto alcuna risonanza durante la vita dell’autore, difficilmente ne potrà avere dopo la sua morte. Basti pensare a tutte le pellicole dimenticate in questo o quel magazzino umido, che stanno marcendo, per l’assurda opposizione delle case di produzione al loro restauro (giudicato troppo costoso e poco redditizio). Queste pellicole andranno probabilmente distrutte per sempre prima che siano trascorsi i 70 anni, con la definitiva perdita di un patrimonio espressivo dal valore incalcolabile.
C’è allora bisogno di intervenire con coraggio affinchè la creatività sia lasciata libera di esprimersi, producendo e diffondendo cultura. C’è bisogno di adottare misure adeguate, guardando al nuovo, al futuro e non al passato.

Ettore Panella
Avv. Gianluca Navarrini
NewGlobal.it

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Pubblicato il
6 apr 2004
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