Contrappunti/ L'ignoranza dell'intellighenzia

Contrappunti/ L'ignoranza dell'intellighenzia

di M. Mantellini - Uno strumento a disposizione dei terroristi, del demonio, chissà di chi e cos'altro. Internet è un avversario: eppure è solo uno strumento che, come qualunque altro, può essere utilizzato per il meglio o per il peggio
di M. Mantellini - Uno strumento a disposizione dei terroristi, del demonio, chissà di chi e cos'altro. Internet è un avversario: eppure è solo uno strumento che, come qualunque altro, può essere utilizzato per il meglio o per il peggio

Qualche giorno fa, durante un convegno della Caritas diocesana bolognese, Monsignor Vecchi, vescovo vicario della città, ha detto che il demonio sta spesso dentro Facebook. Sempre nel corso della scorsa settimana il Ministro Maroni, intervenendo ad un incontro del CIMO (un organismo di paesi mediterranei che comprende fra gli altri Algeria, Marocco ma anche Francia e Spagna) ha affermato che occorra “impedire la presenza di siti internet che fanno apologia del terrorismo e la fruizione e diffusione telematica di documenti audio e video di natura estremista”.

Intervistato da Alessandro Longo, il sottosegretario alle Comunicazioni Romani ha ammesso (candidamente, va detto) di non conoscere il decreto Pisanu che regola, per ragioni di antiterrorismo, l’autenticazione in accesso a Internet dalle reti wireless in due soli paesi al mondo: in Italia e – pare – nel Dubai.

Se non bastasse sempre in questi giorni giunge alle battute finali il processo milanese che vede Google imputata per il famoso video su Youtube del ragazzo affetto da sindrome di Down maltrattato dai bulli della sua stessa scuola. Le dissertazioni sul bullismo sono da tempo ormai scivolate nelle pagine interne dei quotidiani, ma una eventuale condanna della piattaforma californiana per l’utilizzo sconsiderato che ne fanno gli utenti sarebbe un degno compimento di questo clima pesante che avvolge da tempo la rete italiana, stropicciata e maltrattata da un numero molto vasto di critici disinformati e largamente improvvisati.

C’è, alla base di tutto questo, anche una cultura della mediazione che, nella gestione delle politica delle reti, è semplicemente malsana e perdente. Nella confusione che definisce molte delle cose che non conosciamo, la molteplicità di giudizio potrebbe anche essere considerata un’ancora di salvezza, i distinguo sembrerebbero aiutare la nostra capacità di comprendere l’imprevedibile.

Così i gestori di una piattaforma di rete sono responsabili “anche” degli utilizzi della piattaforma stessa (come se a Telecom Italia si chiedesse di controllare parola per parola che il contenuto delle comunicazioni vocali che transitano sulle proprie linee non contengano contenuti puniti dalla legge), i blogger sono frequentemente citati in solido con eventuali commentatori, magari anonimi, dei propri post, i siti web sono “anche” prodotti editoriali (e come tali teoricamente sottoposti alle normative riservate alla stampa), infine chi sta troppo tempo su Facebook, magari non diventa cieco (al riguardo si potrebbe contattare Monsignor Vecchi per una consulenza), ma in un numero elevato di casi, come direbbero gli psichiatri del Policlinico Gemelli che hanno recentemente aperto un ambulatorio apposito, ne resta “anche” intossicato.

Internet è insomma buona ma soprattutto cattiva, bella ma più che altro pericolosa, è uno strumento formidabile di sviluppo economico ma anche un gingillo completamente inutile, visto che i soldi per gli investimenti, per una ragione o per l’altra, vanno sempre altrove.

Non è chiaro se faccia maggior danno la distanza del sottosegretario Romani dagli scenari tecnologici che amministra (dimenticavo, sempre la settimana scorsa Romani ha affermato che in Italia, contro le indicazioni del commissario europeo e in contrasto con le scelte di gran parte degli altri paesi, le frequenze liberate dal passaggio alla TV digitale invece che essere riservate alla larga banda mobile resteranno probabilmente nella disponibilità delle piccole TV private) o il rovinoso cipiglio interventista del Ministro dell’Interno e dei tanti politici che da tempo dichiarano superiori necessità di censurare in rete questo o quello.

Ciò che è sufficientemente chiaro è che viviamo in questo paese tempi cupissimi nei quali, ad una diffusa sottostima delle possibilità di Internet di autoregolarsi, si somma una arroganza nel trattare, a voce alta e in sedi spesso istituzionali, argomenti dei quali non si ha nemmeno una vaga idea.

Aiutati dal grande rumore di fondo che nasconde in poco tempo qualsiasi stupidaggine e dalla sempre più grave amnesia di un paese che sembra aver preferito le nebbie del cloroformio, anche Internet finisce dentro il grande otre della comunicazione urlata e vanesia, il cui risultato finale è un deprimente e continuo nulla di fatto, pur se urlato con maschia convinzione. Il che, per voler essere più realisti del re, è comunque sempre meglio di un decisionismo casuale affidato alle mani di questi signori.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il 30 nov 2009
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