Contrappunti.it/ Il Calendario vende il Web

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di M. Mantellini. Gli innumerevoli calendari conditi da vip più o meno noti sono il segno dell'omologazione dell'editoria web a quella tradizionale. Excursus nei gadget elettronici e nel perché non fanno sempre bene al cuore
di M. Mantellini. Gli innumerevoli calendari conditi da vip più o meno noti sono il segno dell'omologazione dell'editoria web a quella tradizionale. Excursus nei gadget elettronici e nel perché non fanno sempre bene al cuore


Web – Esiste un web generalista così come una TV o una radio generalista. Chi siano i suoi frequentatori non è troppo chiaro. Quello che invece sembra assodato è che anche (e soprattutto) su tali pagine web vada ormai registrata la prevalenza del calendario . Virgilio ha una pagina tutta dedicata ai calendari per il 2001 dalla quale è possibile navigare dentro calendari di tutti i tipi. Dal silicone di Anna Falchi passando per le foto di starlet televisive varie, professioniste del genere (come la notissima Manuela Arcuri resa famosa nel belpaese dalla diffusione delle sue immagini in assenza di qualsiasi altra sua manifestazione mediatica) o dilettanti assoluti di entrambi i sessi. Dal calendario di Roul Bova che “vuole scrollarsi di dosso l’etichetta di bravo ragazzo” a quello di Sabrina Ferilli che “rivendica il cervello” fino a quello lievemente angosciante del d.j. Robbie Aniceto che il cervello tenta di farcelo vedere davvero.

Qualche tempo fa Alessandro Venturi su queste pagine tentava una interpretazione della svolta televisiva del web italiano, omogeneizzato nei suoi portali di maggior traffico da un singolare pot-pourri di tette, sms, motori e gadget elettronici. A margine di un convegno tenutosi in occasione dell’ultima edizione dello SMAU, si sottolineava come il contenuto dei portali italiani tentasse di interpretare il mercato più che le aspettative dell’utente.

Difficile non essere in sintonia con le parole di Venturi, eppure partendo da futilità quali “la prevalenza del calendario” si ha come l’impressione che non tutto sia chiaro. Che ci sia qualcosa d’altro a descrivere una produzione web tanto allineata alle modalità deprimenti degli altri media.

La mia prima perplessità riguarda la anomalia italiana. Chi per varie ragioni visita siti web informativi e portali stranieri sa bene che esiste in essi una maggior differenziazione fra contenuti seri e contenuti frivoli di quanto non accada da noi. Io non ricordo una settimana, da quando per esempio L’Espresso ha iniziato a essere presente online, senza una pagina, in bella evidenza, nella quale siano disponibili foto di modelle più o meno nude. Esiste perfino una directory apposita al riguardo.
Un atteggiamento molto simile è del resto tenuto dall’altro grande settimanale italiano, Panorama, la cui prevalenza del calendario è stata nel tempo per lo meno sui medesimi livelli di quella dell’Espresso. Se è il mercato a decidere i contenuti, come dice Venturi e come sostiene Fausto Gimondi di Virgilio, ne dobbiamo dedurre che il mercato italiano è diverso da quello degli altri paesi.

Nell’anomalia italiana un piccolo portale, poco conosciuto ma di belle speranze, ha pensato di commissionare ad Helmut Newton, fotografo di fama, molto noto per la sua ossessione verso il nudo aggressivo e di classe (?), un calendario per il proprio sito web. Con “Il primo calendario solo online di Helmut Newton” Hot.it spera di raggiungere il maggior numero di visitatori possibili seguendo modalità evidentemente già bene sperimentate e conosciute.

Per associazione di idee, mi viene in mente che qualche anno fa uno dei primi stand appena entrati al Futurshow di Bologna era dedicato a enormi gigantografie di nudi di Newton. Non fummo in troppi allora a chiederci cosa c’entrassero seni, tacchi a spillo e peli pubici con l’evoluzione tecnologica. Dato il contenuto di gran parte dei portali italiani oggi, la schiera dei perplessi si sarà ulteriormente assottigliata.

La seconda questione che la prevalenza del calendario mi pare possa sollevare attiene all’esercizio del controllo.

La maggior aspirazione dei content provider in rete oggi è quella, come dicono i tecnici, di “fare community”. In parole povere si tratta di fidelizzare nella misura maggiore possibile i visitatori delle proprie pagine web creando modalità interattive che ne garantiscano il ritorno. Tutti ne parlano, tutti ci provano ma si tratta di un esercizio difficilissimo e nella grande maggioranza dei casi, senza esito. Il web italiano è pieno di community prive di vita, animate sono da visitatori occasionali. Si tratta in genere di soldi e energie spese male che ricordano il pianista di un film di qualche anno fa che, a brano concluso, sussurrava un “Siete meravigliosi” ad un pubblico di sedie vuote.

Il fallimento delle community deriva in grande misura dal fatto che le vecchie amicizie non nascono in una sera e che i meccanismi che le regolano non sono riducibili a quattro formulette. Oggi i gestori dei portali generalisti, per raggranellare milioni di page views ogni mese, non hanno altra strada se non quella di ridurre al minimo l’ elaborazione culturale dei contenuti e rinunciare ad adattarli troppo ad un media nuovo che, oltretutto, spesso stentano a comprendere. L’esercizio del controllo, dal quale dipendono tutta una serie di variabili economiche che li riguardano direttamente, utilizza così oggi le quattro sdrucite categorie note da un cinquantennio: le stesse che spiegavano il successo di calendari alle pareti di officine meccaniche, barbieri e retrobottega fino a qualche anno fa.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
8 gen 2001
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