Corea, niente arresti per il vertice di Samsung

Corea, niente arresti per il vertice di Samsung

Prosegue l'inchiesta della magistratura di Seoul su presunte tangenti pagate dalla famiglia Lee, che controlla la multinazionale. Per ora, però, niente carcere
Prosegue l'inchiesta della magistratura di Seoul su presunte tangenti pagate dalla famiglia Lee, che controlla la multinazionale. Per ora, però, niente carcere

Milano – Qualcuno dice che finalmente Jay Y. Lee, il successore designato alla guida del conglomerato multinazionale Samsung, potrà dormire sonni (un po’) più tranquilli: forse però è presto per festeggiare, visto che la magistratura coreana ha deciso di non procedere all’arresto del vertice dell’azienda , ma non ha fermato le proprie indagini in merito a una presunta vicenda di mazzette, e fusioni, che coinvolgerebbero i vertici di Samsung e il presidente (sospeso) della Corea del Sud Park Geun-hye.

Ricapitoliamo rapidamente i fatti, secondo la ricostruzione offerta fino a questo punto dagli organi di stampa: il procuratore che segue l’indagine ritiene che Lee, attualmente vicepresidente e colui che gestisce di fatto gli affari di Samsung facendo le veci del padre Kun-Hee Lee da tempo malato, avrebbe pagato qualcosa come oltre 30 milioni di euro di tangenti al presidente della Corea del Sud tramite delle donazioni effettuate a due fondazioni controllate da un personaggio molto vicino al politico. Una corruzione volta a sostenere un’operazione finanziaria, la fusione tra due parti dell’agglomerato Samsung, che avrebbe dovuto garantire un controllo più solido della famiglia Lee sul gruppo.

Il presidente Park Geun-hye è stata già oggetto di una bufera politica, conclusasi con il suo impeachment lo scorso dicembre da parte del Parlamento nazionale: ora la sua posizione sarà al vaglio della Corte Costituzionale della Corea del Sud, e rischia di essere costretta a lasciare la carica. Diversa la posizione di Jay Y. Lee, naturalmente, che tuttavia rischia grosso: ha evitato la carcerazione preventiva, dopo aver trascorso una notte in tribunale in attesa del verdetto su questa decisione, ma il procuratore ha fatto sapere di voler comunque proseguire nella sua messa in stato di accusa , evidentemente certo di poter giungere a una condanna. Per ora l’unico arresto ha coinvolto Moon Hyung-pyo, capo del National Pension Service , attraverso il quale sarebbe arrivato l’appoggio economico necessario all’operazione finanziaria interna di Samsung oggetto delle indagini.

Dagli osservatori, la vicenda viene vista con una certa curiosità rispetto alla capacità che avrà la Corea del Sud di affrontare il primo grande scandalo di questo tipo, che coinvolge i vertici dello Stato e di una delle più grandi aziende del mondo (nonché capofila della arrembante economia nazionale). Avrà senz’altro lasciato qualcuno masticare amaro la notizia del mancanto arresto di Jay Y. Lee , visto come un favore fatto a un potente da parte della magistratura: tuttavia si tratta di un caso aperto, nessuna archiviazione della sua posizione, segno che comunque la macchina delle indagini andrà avanti. Il procuratore, che si è detto deluso dalla decisione del tribunale, sta anche valutando se richiedere nuovamente l’arresto.

Allo stato attuale, Samsung nega qualsiasi illecito relativo alla fusione che viene contestata dai magistrati: l’azienda ha anche fatto sapere di aver apprezzato la decisione del tribunale che, dice , permetterà di valutare con serenità nel merito le accuse rivolte ai suoi vertici.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
20 gen 2017
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