Cyberbullismo, passo indietro sui reati

Cyberbullismo, passo indietro sui reati

La proposta di legge torna alla Camera senza le norme di natura penale. Resta l'ammonimento, e il testo torna a piacere agli osservatori
La proposta di legge torna alla Camera senza le norme di natura penale. Resta l'ammonimento, e il testo torna a piacere agli osservatori

Il Senato della Repubblica ha approvato quasi all’unanimità ( 224 voti a favore, sei astenuti e un no dell’onorevole Domenico Scilipoti) la proposta di legge contro il cyberbullismo, ma con modifiche sostanziali che la faranno tornare in quarta lettura alla Camera : in particolare sono state eliminate le misure penali sulla questione che avevano attirato profonde critiche.

Le norme che introducevano la possibilità di far ricadere nel penale anche il giudizio nei confronti dei minorenni ultraquattordinenni erano oggetto di alcuni emendamenti introdotti lo scorso settembre durante il passaggio alla Camera: allargando le fattispecie configurabili come cyberbullismo e le modalità di intervento, si finiva per prevedere uno strumento considerato spropositato. Inoltre la proposta prevedeva la possibilità per chiunque di richiedere la rimozione di un contenuto in rete ritenuto offensivo, aprendo la strada alle possibilità di censura nel nome della tutela dei minori.
Una serie di modifiche, insomma, di notevole rilievo per un dispositivo normativo originariamente pensato per raccogliere misure atte alla prevenzione e alla tutela dei minori.

Ora il Senato sembra aver normalizzato lo strumento normativo, oltre ad aver rivisto la definizione di cyberbullismo che ora è specificatamente tarata sui minorenni: “Per cyberbullismo si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

La proposta di legge torna dunque alla Camera nella sua originale formulazione che prevede una serie di misure ed obblighi di stabilire strumenti per la segnalazione online degli episodi da parte degli intermediari e la necessità da parte del dirigente scolastico a conoscenza di atti di cyberbullismo di informare tempestivamente i genitori o chi ne fa le veci, la previsione di misure di contrasto (in sinergia con servizi socio-educativi del territorio e con le scuole) e l’istituzione di un tavolo di monitoraggio sulla questione, con l’ammonimento come unica misura prevista.

Soddisfazione è stata espressa dalla prima firmataria del ddl, Elena Ferrara del PD: “Il bullo ora sarà informato che con certe condotte commette dei reati”. Che spiega che “il disegno di legge introduce la procedura di ammonimento, come avviene per lo stalking, al fine di responsabilizzare i minori ultraquattordicenni autori di reati tenendoli però, nei casi in cui è consentito dalla legge, fuori dal penale. Un approccio rieducativo, condiviso da istituzioni, forze dell’ordine, eccellenze sanitarie, esperti di pedagogia e di diritto, famiglie, insegnanti, fino agli studenti”.

Con la nuova versione è arrivato anche il placet di osservatori come l’avvocato Fulvio Sarzana: “L’Italia avrà così, tra i primi paesi al mondo, una norma innovativa a tutela dei minori sul web, senza rinunciare alla tutela della libertà di espressione in Internet”. Favorevole anche il patron di Telefono Azzurro Ernesto Caffo, che ora chiede celerità: “Invochiamo a questo punto un’accelerazione dell’iter di approvazione definitiva. Nulla è ancora definito, dispiace vedere passare il tempo senza che vengano prese misure concrete e predisposti strumenti operativi in grado di rispondere a queste tematiche”.

Spetterà ora dunque di nuovo ai deputati ridiscuterne il testo ed eventualmente rimandarlo al Senato per l’approvazione finale.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
1 feb 2017
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