Pechino (Cina) – L’ultima trovata delle autorità cinesi per ribadire l’obsolescenza delle proprie ambizioni è un nuovo giro di vite ai danni dei cybercafé, i luoghi dove un numero sempre crescente di cinesi si collega alla rete delle reti. Si tratta di locali che, tanto nella capitale cinese che a Shangai, si sono moltiplicati enormemente negli ultimi due anni.
Nel recente passato molti locali sono stati chiusi dalle autorità con diversi pretesti legati “alla sicurezza nazionale” o a questioni di “ordine pubblico”, mentre ora si parla di pornografia. In una circolare-comunicato emessa dal ministero dell’Informazione e ripresa dagli organi di informazione di stato, infatti, si informa che “qualsiasi cybercafé i cui avventori siano colti nell’atto di osservare immagini pornografiche scaricate dalla rete verrà chiuso d’ autorità”.
Secondo il comunicato, queste fattispecie fanno parte di quell’insieme di divieti relativi a “qualsiasi attività che può causare danno alla sicurezza dello stato, disturbo all’ordine pubblico o interferire con i diritti e gli interessi del pubblico”. I tre “comandamenti”, insomma, su cui Mao ha basato lo sterminio dei “criminali” nel corso della “Rivoluzione culturale”.