Dal telelavoro risposte per i disabili

Dal telelavoro risposte per i disabili

Al di là delle analisi sull?impatto psicologico, finanziario e ambientale, il telelavoro può rappresentare anche una risposta a certi problemi delle disabilità. Ne parla un lettore
Al di là delle analisi sull?impatto psicologico, finanziario e ambientale, il telelavoro può rappresentare anche una risposta a certi problemi delle disabilità. Ne parla un lettore


Roma – Buongiorno, ho letto alcuni scritti sul telelavoro, pubblicati da voi in questi giorni. Anch?io vorrei dire la mia, Sono un telelavoratore felice d?esserlo. Ho 46 anni ed ho iniziato a lavorare nel ?lontano? 1979, facendo il pendolare tra Villasanta (nei pressi di Monza) e Milano, utilizzando i mezzi pubblici.

Faccio notare di essere una persona con disabilità fisica (cammino con l?ausilio di un bastone e guido un?auto con acceleratore e freno a volante, nonché cambio automatico). Dopo i primi 9 mesi passati a Milano, sono stato trasferito vicino a casa, dove ho lavorato fino al luglio del 2001. Facevo parte di un servizio clienti e, sentendo che a causa di una ristrutturazione tutto il gruppo di cui facevo parte sarebbe stato spostato ad una ventina di chilometri di distanza (parlo dell?hinterland milanese, non della campagna?.) e in considerazione dell?aggravarsi delle mie difficoltà fisiche, iniziai ad allarmarmi e a considerare una diversa opportunità di lavoro.

Credevo che una multinazionale potesse permettersi il ?lusso? di tenere un proprio lavoratore (e magari non solo lui) alle proprie dipendenze come telelavoratore ma, ahimè quale fu il mio stupore allorquando mi risposero picche! Così, poiché farmi almeno tre quarti d?ora di traffico al mattino (al pomeriggio era un po? meglio, in quanto facevo 6 ore e quindi alle 15 non c?era il traffico delle 17.30), mi faceva sentire oltremodo umiliato, in quanto sentivo di non riuscire a rendere il 100% in un lavoro che mi piaceva, feci causa al mio datore di lavoro, che fu costretto a ritrasferirmi vicino a casa (gli uffici c?erano e ci sono tuttora, ma le mansioni ivi presenti erano state ?terziarizzate?), e il risultato fu il mobbing per nove mesi.

Dopo una serie di vicissitudini transitorie, arrivai in un call center di una multinazionale. Lì fui assunto come telelavoratore, e, dopo un periodo di 3 o 4 mesi, in cui dovetti recarmi in ufficio tutti i giorni per imparare il lavoro, iniziai, nel giugno di due anni fa questa splendida avventura. Innanzitutto, poiché mia moglie ed io abitiamo in un monolocale e lo spazio non è molto, sarebbe stato oltremodo difficile poter far convivere due pc sulla mia scrivania. Così, mi è stato installato uno switch ed ho collegati i due pc con un solo video, una tastiera, ed un mouse. Il mio è un lavoro part-time, con orario stabilito per contratto: dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 17, da lunedì a venerdì nelle settimane pari del calendario, mentre in quelle dispari riposo il mercoledì e lavoro il sabato. Questo piccolo particolare mi permette, per esempio di andare a fare la spesa in settimana, quando cioè c?è meno ressa. Una volta al mese vado in ditta per consegnare il foglio presenze e per discutere di eventuali problemi, trovare soluzioni ecc? Quando vado in azienda faccio l?orario continuato 9/14.

Per me, non dovermi avventurare in mezzo al traffico caotico è un vantaggio (visto che la mia patologia è di carattere neurologico), ma credo che lo sia anche per il mio datore di lavoro avere a disposizione un dipendente ?fresco? durante l?orario di lavoro. In pratica ricevo le telefonate dal cliente e, se si tratta di semplici informazioni me la sbrigo da solo. Invece se ci sono delle pratiche per i più disparati problemi, mi metto in contatto con i colleghi e vedo se debbo girare loro la telefonata o meno.

Logicamente, i programmi sono un po? lenti, perché per il momento passano ancora attraverso linea isdn. Quest?anno dovrebbero installare l?adsl e quando arriverà la fibra ottica, probabilmente sarà tutto più veloce.

Tra le 12 e le 15 preparo il pranzo per mia moglie (che lavora ad un paio di chilometri e viene a casa a mangiare) e per me. Lavoro con la musica in sottofondo, al posto del brusio dei colleghi del call center. Ciò è un vantaggio sia per me che per l?interlocutore.

In definitiva, pur prendendo uno stipendio decisamente inferiore a quello di qualche anno fa, credo che il gioco valga la candela, per me, ma anche per la collettività.

Fabrizio D.V.

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Pubblicato il
18 gen 2005
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