DARPA finanzia la nascita dei chembot

DARPA finanzia la nascita dei chembot

Il Pentagono vuole nanorobot di nuova concezione. Il chembot sarà flessibile, duttile, wireless e persino biodegradabile. Potrà annidarsi, e snodarsi, ovunque
Il Pentagono vuole nanorobot di nuova concezione. Il chembot sarà flessibile, duttile, wireless e persino biodegradabile. Potrà annidarsi, e snodarsi, ovunque

Tufts University , Massachusetts. In quella che potrebbe essere l’alba della guerra tecnologica ad altissimo contenuto microrobotico, un gruppo di scienziati, ricercatori ed esperti opportunamente foraggiati dall’agenzia Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) è al lavoro per la realizzazione del sogno di ogni stratega e ogni tenente di campo. Droni automatizzati in grado di servire da occhi, orecchie e mani delle forze armate americane sin nei cunicoli inaccessibili , nelle crepe dei muri-bastione usati dalle forze nemiche e negli ambienti variamente definibili come “ostili”.

la manduca “Chembots”, li chiamano, definizione quanto mai appropriata che nasconde un progetto dal valore di 3,3 milioni di dollari e che coinvolge esperti nell’ingegneria dei biotessuti, esperti di neuromeccanica dei tessuti molli degli animali, ingegneri di micromeccanica, di sistemi energetici iper-efficienti e comunicazioni wireless, designer di circuiti integrati avveniristici ed esperti di robotica e sistemi di sensori.

Ognuno degli esperti di cui sopra darà il proprio contributo alla realizzazione di micromacchine micidiali, capaci all’occorrenza di estendere o ridurre le proprie dimensioni , rimanendo nel contempo pienamente funzionali e operative, sia che si tratti di sistemi da 1 centimetro che di dimensioni 10 volte superiori. Micromacchine per giunta biodegradabili, che non occorrerà recuperare una volta finito il lavoro sporco perché non lasceranno traccia della propria tecnologica presenza.

Sembrerebbe fantascienza ma, come dimostrano i recenti casi dell’apertura del “vero” network di Skynet , il progetto MAST e l’infinita sequela di droni e macchine piccole e ultrapiccole variamente adoperabili annunciate e messe in commercializzazione in questi mesi, i militari statunitensi e non solo hanno cominciato a prendere sul serio le ricadute della nano-ricerca sui campi di battaglia.

I soldati costano sempre di più e l’opinione pubblica è disposta ad accettare sempre meno sforzi finanziari per gestire operazioni di guerra in ogni parte del globo, quindi tanto vale affidarsi a qualcosa come i chembot per il lavoro sporco di stanamento del nemico e pattugliamento, senza rischi, dei territori caldi. Il progetto non è certo ad uno stadio che si potrebbe definire avanzato ma già sono noti alcuni principi cardine dei bot biochimici prossimi venturi.

Il design base, ad esempio, è stato ispirato ai ricercatori dalla Manduca sexta , un lepidottero particolarmente considerato in neurobiologia e non solo per la facilità di studio del suo sistema nervoso e la praticità della sua coltura. Un esemplare allo stato larvale di “Manduca” è in grado di scalare superfici e aumentare fino a 10mila volte la propria massa usando un numero fisso di muscoli e neuroni .

Un “design” naturale che dovrebbe, nel caso dei chembot, associarsi all’impiego di materiali composti da biopolimeri , capaci appunto di adattabilità e livelli di biodegradabilità che è impossibile ottenere con elementi sintetici.

“L’utilizzo di sistemi basati su polimeri biodegradabili permetterà l’uso dei robot in un ampio spettro di applicazioni ambientali, così come in scenari medici, senza richiedere il recupero dopo il completamente dei compiti assegnati” ha dichiarato David Kaplan, professore di ingegneria biochimica che dice di aspettarsi che “questi dispositivi saranno capaci letteralmente di sparire dopo aver completato la missione”.

Ma a parte le possibili applicazioni in campo medico, visto che i soldi ce li mette l’agenzia di ricerca del Pentagono, la principale mansione dei chembot sarebbe comunque di tipo militare : forti delle capacità innovative che dovrebbero caratterizzare da qui ad alcuni anni i nanodroni biochimici, gli esperti favoleggiano di strutture inaccessibili e presidiate penetrate scalando corde che nessuno si sognerebbe di tenere sotto controllo al centimetro, o seguendo i cavi dell’impianto elettrico.

E ancora, analizzare le condizioni ambientali alla ricerca di potenziali elementi tossici; presentare la situazione interna attraverso microtelecamere, microfoni e comunicazioni wireless; individuare mine nascoste ; rilasciare nanocopie di se stessi o mutare forma una volta completato un compito.

Superefficienti, funzionali con una quantità di energia irrisoria e soprattutto realizzabili a basso costo una volta raggiunto l’adeguato livello tecnologico nel campo del microscopico e del macroscopico: i chembot saranno l’ inizio della fine per quanti credono che la rivolta delle (micro-)macchine sia solo fantascienza?

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 3 lug 2008
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