Digital Markets Act: accordo Parlamento-Consiglio (update)

Digital Markets Act: accordo Parlamento-Consiglio (update)

Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo sul Digital Markets Act che imporrà obblighi e divieti alle Big Tech.
Digital Markets Act: accordo Parlamento-Consiglio (update)
Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea hanno raggiunto un accordo sul Digital Markets Act che imporrà obblighi e divieti alle Big Tech.

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo preliminare sul Digital Markets Act (DMA), il cui obiettivo principale è limitare il potere dei cosiddetti “gatekeeper”, ovvero le aziende che gestiscono piattaforme online di grandi dimensioni. La legge sui mercati digitali prevede una serie di obblighi e divieti che dovranno essere rispettati per garantire la concorrenza.

DMA: duro colpo per le Big Tech

Il Digital Markets Act stabilisce regole chiare per i gatekeeper, aziende con una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro o entrate annuali di almeno 7,5 miliardi di euro che offrono determinati servizi (motori di ricerca, social media, browser, app store, cloud, assistenti vocali, advertising) con almeno 45 milioni di utenti privati mensili e 10.000 utenti business annuali. I requisiti sono sicuramente rispettati da Apple, Google, Amazon, Microsoft e Meta.

La legge impone ai gatekeeper di non preinstallare i software più importanti, tra cui il browser. Gli utenti devono poter scegliere liberamente quale installare (lo stesso vale per motori di ricerca e assistenti vocali).

Deve inoltre essere garantita l’interoperabilità tra le piattaforme di messaggistica e con quelle meno diffuse, almeno per le funzionalità di base. Su questo punto è subito arrivato un primo commento da Will Cathcart (capo di WhatsApp), secondo il quale l’errata implementazione dell’interoperabilità può avere gravi conseguenze per sicurezza e privacy.

Il DMA consente agli sviluppatori di accedere alle funzionalità supplementari degli smartphone, come il chip NFC (chiaro riferimento ad Apple). Le aziende devono inoltre fornire informazioni alla Commissione europea su acquisizione e fusioni. I gatekeeper non possono promuovere i loro prodotti o servizi a svantaggio dei concorrenti, usare per un servizio i dati raccolti con un altro servizio e obbligare gli sviluppatori ad utilizzare il sistema di pagamento proprietario. La legge vieta infine l’uso dei dati degli utenti per le inserzioni personalizzate, senza il loro consenso esplicito.

Il gatekeeper che non rispetta le regole può ricevere una multa fino al 10% delle entrate globali. In caso di ripetute infrazioni, la percentuale sale al 20%. Se la violazione di verifica tre volte in otto anni, la Commissione europea può avviare un’indagine ed eventualmente “imporre rimedi comportamentali o strutturali“. Ciò significa che l’azienda potrebbe essere costretta a vendere parti del suo business (ad esempio, WhatsApp nel caso di Meta).

Il testo della legge verrà ora finalizzato a livello tecnico e verificato dai giuristi. Successivamente dovrà essere approvato da Parlamento e Consiglio. Entrerà quindi in vigore sei mesi dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.

Aggiornamento: un portavoce della Commissione europea ha dichiarato che Apple dovrà anche consentire l’installazione di app store di terze parti e il sideloading delle app. L’azienda di Cupertino ha ovviamente criticato le nuove regole.

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Pubblicato il
25 mar 2022
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