Web – Aduc – Il disegno di legge del Governo per la regolamentazione della registrazione dei domini è il primo passo per tentare di opprimere e uccidere Internet.
Non solo, ma è anche la buona occasione per farsi ridere dietro da chi – come negli Usa – usando Internet, e non solo strombazzandolo come è nella maggiorparte dei casi oggi in Italia, è riuscito a far sì che la Rete diventasse uno strumento di cultura e ricchezza diffusa.
Le due “scuole” che si sono già confrontate nel mondo – quella Usa di autoregolamentazione, e quella europea di controllo statale – continuano ad essere lontane, e quella europea, dopo le indicazioni dell’incontro di Lisbona, sta trovando nel Governo italiano il suo ariete.
E perché fosse ben chiaro cosa questo significa, lo stesso presidente del Consiglio dei ministri, Massimo D’Alema, è ritornato sull’argomento, ribadendo l’intenzione di far nascere un “Portale Italia”, con tanto di bando di gara per la gestione: una sorta di IRI di Internet, vista la delicatezza con cui il Governo ha l’abitudine di muoversi in quella politica economica che chiama de-monopolizzazione, ma che si limita a cambiare nome e forme societarie ai vecchi carrozzoni di Stato. Le leggi in materia, a nostro avviso, sono più che sufficienti. Ci riferiamo a quella sul diritto d’autore, che tutela già i marchi registrati.
Invece il Governo vuole introdurre in Internet regole che sarebbero ridicole in qualunque altro settore, a cominciare dal divieto di commercializzazione dei domini già registrati; è come se facesse una legge in cui, per esempio, vietasse a Fiat di cedere il suo marchio; cioè, quello che è concesso nel commercio abituale, è vietato in Internet: proprio il contrario di quelle maggiori opportunità che Internet rappresenta.
E infine – come sempre succede a chi pensa di normare Internet – non ci si rende conto che, così facendo, si favorirà la fuga delle registrazioni dei domini in altri Paesi dove queste norme farebbero solo ridere.
Dopo la fuga di capitali e di cervelli, il Governo ha trovato un buon metodo per far fuggire anche i marchi.
Internet è ingovernabile da qualunque autorità. Solo l’autodisciplina e gli accordi fra le parti interessate possono reggere il confronto con la sua potenza di comunicazione e informazione. Altrimenti muore.
Intanto il segretario della Federazione nazionale della stampa (FNSI) ha scritto al presidente del Consiglio dei ministri, e ai ministri del lavoro e delle Comunicazioni, per spiegare i motivi dello sciopero dei giornalisti e, soprattutto, perché continuerà nella sua rivendicazione con questo metodo.
Paolo Serventi Longhi si sente, probabilmente, il salvatore della patria minacciata da clandestini, da assenza di regole e da mancanza di qualità nell’ambito dell’informazione. E in virtù di questa sua raffigurazione, per porvi rimedio, decide di “procurare, con gli scioperi, un forte disagio all’intera collettività… (perché la vertenza) …. si articola su tematiche che travalicano gli interessi diretti delle due categorie (giornalisti ed editori, ndr) e attengono questioni generali che coinvolgono le regole di una democrazia matura”.
Ricordando che la mancanza di qualità è determinata proprio dalla opprimente presenza di chi pretende di far sì che le sue regole siano quelle giuste, e che, per far rispettare questo assioma detta legge e condiziona il mercato, non possiamo non far presente che ogni volta che qualcuno ha interpretato i suoi interessi con quelli dell’intera collettività, sono state aperte le porte alle forme più brutali e stupide di autoritarismo.
Ed è quello che ci conferma la FNSI organizzando lo sciopero dell’informazione e facendolo pagare agli utenti. Non è un caso, infatti, che uno degli obiettivi principali è quello che chiama “regole e tutele per il nuovo e grande fenomeno dell’informazione on line”, con tanto di proposta dell’immancabile “marchio di qualità”.
Una buona occasione per ribadire con forza “GIU ‘ LE MANI DA INTERNET”.
Già ci sta pensando il Governo che, per esempio, non prevede l’agevolazione dell’Iva al 4% per l’informazione in rete, così com’è per quella cartacea e televisiva, che la FNSI di Serventi Longhi giunge subito in suo aiuto per limitare il luogo principale dove oggi è praticata la libertà di stampa e di opinione: Internet.
Di questa patria non sappiamo che farcene, perché così com’è ha dato l’attuale panorama normativo opprimente sulla stampa, con in prima fila quell’obbligo di iscrizione all’albo dei giornalisti per assumersi la responsabilità di un giornale: la principale causa del blocco della professione e del proliferare dell’informazione, in particolare nelle piccole esperienze e tra i giovani, che, non a caso, si sono riversati massicciamente in Internet.
Vincenzo Donvito, presidente dell’ Associazione degli utenti e dei consumatori