Dove crescono i cybercops

Dove crescono i cybercops

di Lamberto Assenti. Il Customs CyberSmuggling Center sarà il primo centro di coordinamento delle attività investigative sulla Rete. Ma dovrà anche formare i cybercops del futuro, compresi quelli che americani non sono. Tutto bene?
di Lamberto Assenti. Il Customs CyberSmuggling Center sarà il primo centro di coordinamento delle attività investigative sulla Rete. Ma dovrà anche formare i cybercops del futuro, compresi quelli che americani non sono. Tutto bene?

Roma – Stupefacenti, pedopornografia, commerci illeciti: i cybercops, i poliziotti specializzati nelle inchieste sulla Rete, in tutto il Mondo hanno un ruolo di sempre maggiore rilievo per la sicurezza. Con l’espansione del Web, infatti, si espande anche la possibilità per il crimine organizzato di gestire in modo nuovo e più efficiente le proprie “operazioni”. Negli Stati Uniti, paese che investe sui cybercops più di qualunque altro, è stata annunciata di recente la nascita della prima “fabbrica dei cybercops”, il quartiere generale dello U.S. Customs CyberSmuggling Center. Sebbene le attività di investigazione informatica siano vastissime e distribuite su più livelli e filoni di attività, è la prima volta che ai cybercops americani viene offerta una struttura di supporto centrale dalla quale verranno coordinate questo genere di indagini.

Ma il nuovissimo Customs CyberSmuggling Center, pensato in origine per occuparsi delle indagini legate agli illeciti doganali e le cui competenze sono poi state estese, sarà anche una struttura dedicata alla formazione e alla crescita di professionalità specifiche, capaci di operare sulla Rete e nell’ambito delle nuove tecnologie dopo essersi formate con esperienze sul campo e assimilando quelle dei cybercops già in attività.

Raymond Kelly, commissario dello US Costums Service , ha spiegato che stanno aumentando di anno in anno le risorse richieste dalle attività di investigazione online e sono in aumento operazioni, arresti e attività di inchiesta. Secondo Kelly ora qualcosa può cambiare e, dice, chi compie attività illegali, dalla pedopornografia all’organizzazione di traffici, “sappia che ovunque sia, chiunque sia, noi abbiamo la possibilità di trovarlo. Non c’è via di scampo nel cyberspazio”. I rami d’azione criminali sono numerosi: riciclaggio di denaro sporco, furto di diritti di proprietà intellettuale, spionaggio economico e commerciale, spaccio di sostanze stupefacenti e altro ancora.

Al di là dei paroloni, dietro il nuovo centro c’è un investimento colossale in strumentazione tecnica, in computer, in sviluppatori, per fornire l’infrastruttura che serve ad un centro investigativo “cyber” che intende aprire le proprie porte anche alla formazione di agenti e specialisti di altri paesi.

Di lavoro ce n’è, dicono i responsabili del progetto. Basti pensare che sarebbero 100mila i siti Web che, secondo i cybercops, hanno a che vedere con traffici di pedopornografia e la loro capacità di crescita, anche in termini di utenza, sarebbe esponenziale. Sono questi i dati, a cui si aggiungono quelli dello sfruttamento della Rete da parte delle grandi organizzazioni malavitose per i traffici “tradizionali”, di armi e stupefacenti, ad aver “convinto” il Governo americano della necessità di un “quartiere generale” per i cybercops.

Prima ancora dell’istituzione del centro, dicono i più informati, si è fatto moltissimo ed esperienze senza precedenti sono state acquisite soprattutto dalla polizia federale. Ora queste esperienze vengono messe insieme per realizzare una vera e propria polizia della Rete che sviluppi i migliori metodi di indagine e possa insegnarli alle polizie di mezzo mondo. E mentre ci si chiede se tutto questo basterà, il pensiero corre inevitabilmente a Echelon e ai modi in cui tutto questo potrà essere controllato. E da chi.

Lamberto Assenti

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Pubblicato il
14 ott 2000
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