Non si è ancora spenta l’eco del cataclisma abbattutosi su Google a causa delle richieste delatorie di Viacom che i riflettori si riaccendono sulle politiche della privacy della corporation . A conti fatti si tratta solo di un nuovo link nella pagina principale del portale, ma per i commentatori e i gruppi di pressione pro-diritti digitali è un segnale decisamente positivo.
Il nuovo link compare in basso nella pagina standard del motore di ricerca, accanto alla notizia di copyright e va a sostituire la parola “Google” con “Privacy”. È scontato che il copyright rimanga di Google stessa, ma la sostituzione si è resa necessaria, spiega la bionda vicepresidente Marissa Mayer sul Google Blog , dietro espressa richiesta dei founder Larry Page e Sergey Brin, che impongono il limite massimo di 28 parole visualizzate in contemporanea sulla pagina.
Secondo il New York Times la mossa è stata studiata a puntino sia nel merito che nella tempistica: Google ha sempre sostenuto che la policy sulla privacy era raggiungibile giusto a un paio di link di distanza dalle pagine del portale, ma l’ Ufficio californiano per la protezione della Privacy era di diverso parere. Apparentemente Google è stata contattata direttamente dall’organo governativo, dagli utenti e dalle associazioni sulla faccenda, decidendosi in ultima istanza per il leggero maquillage alla homepage.
Maquillage che è stato reso effettivo proprio il 3 luglio, prima dell’inizio di un week-end che negli States avrà la durata di tre giorni complice l’ Independence Day . Un modo insomma per evitare eccessivo clamore in un periodo, vedi affaire Viacom, non particolarmente positivo per l’immagine di BigG tra utenti, concorrenti e mercato.
Un periodo che anzi si potrebbe definire nero, visto che quasi in contemporanea con l’annuncio del nuovo link in homepage, è stato anche reso noto il fatto che una società di servizi esterna ha perso una quantità imbarazzante di dati e informazioni personali di un numero non precisato di dipendenti Google.
Colt Express Outsourcing Services ha subito un furto con scasso il 26 maggio scorso, e sui computer rubati c’erano appunto i nomi, gli indirizzi, i numeri delle tessere sanitarie USA e altro ancora degli impiegati non solo di Google, ma anche di altre note società IT come CNET Networks .
Google ha voluto anche in questo caso minimizzare dichiarando che le informazioni rubate risalgono a prima del 31 dicembre 2005 , e che la società non usa più da tempo i servizi di Colt Express per la gestione dei dati dei dipendenti.
“Prendiamo molto sul serio la sicurezza dei nostri impiegati – ha dichiarato un portavoce di BigG – e richiediamo dalle società esterne di rispettare gli appropriati standard di sicurezza. Revisioniamo e aggiorniamo tali standard in continuazione”, dice Google, ragion per cui non ci si dovrebbe preoccupare dei potenziali crimini effettuabili grazie al furto delle informazioni come l’utilizzo di false identità, lo spamming e quant’altro. E se lo dice Google…
Alfonso Maruccia