E-tree, l'albero dei frutti internettici

E-tree, l'albero dei frutti internettici

di Massimo Mantellini. Ah, che bello il nuovo mondo! Quello che i giovani hanno sempre sognato. Soldi, divertimento, un lavoro interessante. Cosa chiedere di più? Chissà perchè le imprese non si comportano tutte come E-tree
di Massimo Mantellini. Ah, che bello il nuovo mondo! Quello che i giovani hanno sempre sognato. Soldi, divertimento, un lavoro interessante. Cosa chiedere di più? Chissà perchè le imprese non si comportano tutte come E-tree


Roma – Molto bella la storia di E-Tree , compagnia di progettazione web giovane, molto new economy, che assume nuovo personale attraverso informali colloqui con un bicchiere di vino in mano, dentro una fiaschetteria alla moda. Il capo (ex capo perchè la società è stata venduta ad Etnoteam) di cognome fa Donadon. Raccontano le leggende che abbia trasformato, a soli 30 anni, un investimento iniziale di pochi milioni in una gallina dalle uova d’oro. Niente cravatte al lavoro quindi ad E-tree, disco verde per il piercing ed i calzoni due taglie più grandi. Finalmente libertà (immaginiamo) anche di espressione e di comportamento. E una volta raggiunto l’agognato posto di lavoro, una volta messo i piedi dentro la nuova economia, nonostante le abbondanti tatuature, il più è fatto.

Dentro E-tree ai nuovi assunti, abbandonati per un attimo i computer nei quali si progettano le pagine web di Benetton, Infostrada, Il sole 24 ore e molti altri, sarà consentito saltare sopra reti elastiche, sfidarsi a ping pong, a bowling o a calciobalilla. Oppure dedicarsi alla meditazione dentro un giardino zen così come stressare i bicipiti in una attrezzatissima palestra. Per non parlare del massaggiatore, del cuoco e del pasticciere aziendale sempre a disposizione. Capita così che l’orario di lavoro, sull’onda di certe esperienze d’oltreoceano, diventi molto elastico e variabile. Anche se non siamo nei giardini di Microsoft ma nel nord-est tessile d’Italia.

Ah, che bello il nuovo mondo! Quello che i giovani hanno sempre sognato. Soldi (quest’anno a quanto pare E-tree corrisponderà al suo centinaio di dipendenti 21 mensilità), divertimento, un lavoro interessante. Cosa chiedere di più? Chissà perchè tutte le aziende non si comportano con la medesima larghezza di vedute.

La chiamano la no sleeping company , e se uno non è completamente partito di testa una presentazione del genere qualche timore dovrebbe incuterlo da subito. Invece nessuno sembra preoccuparsene. Anzi, nei due incontri organizzati a Roma e Milano per la ricerca di nuovo personale sono arrivati i vigili urbani per la confusione che si era creata.

E-tree, l’albero elettronico , produce, per dirla con altri slogan della società, una molteplicità di frutti internettici . I suoi dipendenti sono ovviamente la e-people , e sul posto di lavoro invece della mensa aziendale hanno a disposizione, a qualunque ora del giorno e della notte, una e-kitchen . E poi spazi aperti, mobili Ikea e colori vivi alle pareti di una bellissima ex fonderia di Treviso. E nel futuro dell’azienda trevigiana (che sta aprendo però sedi a Roma e Milano) anche un e-flat , vale a dire un e-residence cablato per i dipendenti. Naturalmente, si specifica nel sito web dell’azienda, con piscina stile Melrose Place.


Sembra un po ‘ finta e di plastica questa bellissima favola della community ricca e felice dei programmatori html, mollemente adagiata in una retorica aziendale che non ci appartiene. Tutta fatta di Mission, Vision, Soul e robe simili. Che al Cartizze preferisce i beveroni multivitaminici e che vorrebbe farci credere di vivere in un mondo diverso da quello che abitiamo. Un po ‘ come quelli che volevano andare a vendere la piadina romagnola in India.

Come segretamente temevo ecco che dentro E-tree trovo traccia perfino dei web evangelist , una delle figure più incredibili (e uno dei nomi più stupidi) della new economy. Mi compiaccio che gli “evangelisti” a E-tree siano passati dai canonici quattro (escludo i vangeli apocrifi naturalmente) a una quindicina, con il compito di spargere ai quatto venti la filosofia del gruppo. Che in ogni caso sembra diffondersi benissimo da sola vista l’attenzione che la stampa ha dedicato alla azienda di Treviso nelle ultime settimane.

Tutto bene quindi. Anche questa completa mancanza di elaborazione di espressioni importate da uno slang che probabilmente, là dove è stato inventato, è ormai già vecchio. Ricordano il manifesto futurista alcuni punti che leggo nei valori ( values ) che E-tree proclama di seguire. Cose del tipo: Abbracciamo il cambiamento e incoraggiamo l’innovazione – oppure – Esaltiamo la diversità della gente, delle idee e delle culture – o infine – Crediamo nelle menti giovani, nel gruppo e nello spirito di squadra. .

Ecco: qui trovo un microscopico errore. Forse ad E-tree credono nei giovani, di certo non nelle “menti giovani”. Sono più interessati alla carta di identità che alla freschezza mentale. Perchè il gioco di E-tree è appunto un gioco al quale se non sei giovane non puoi partecipare. Basta dare una occhiata alle proposte di lavoro offerte. Programmatori html? Al massimo possono avere 28 anni. Esperti di Java? Non oltre i 32. Designer? Massimo 26 anni.

E ‘ una disdetta! Avevo buttato l’occhio su un posto ad E-tree e stavo preparando il mio curriculum. Avrei ripreso finalmente in mano la racchetta da ping pong. Aspiravo a diventare uno dei 5 shockwave guru della azienda trevigiana.

Purtroppo la carta di identità mi ha fregato per via di qualche lustro di troppo. I guru che cerca E-tree devono avere al massimo 24 anni. Troppo pochi per me. Troppo pochi anche per un guru di qualunque genere esso sia. E comunque shockwave guru è un neologismo migliore di web evangelist . “Cerchiamo un appassionato utilizzatore di tecnologia shockwave e director” si legge nelle proposte di lavoro di E-tree “Cerchiamo un guru da shock” . Contenti loro.

Tanti auguri ad E-tree per la sua originale e simpatica ricerca di personale. Con una raccomandazione e un consiglio amichevole per Riccardo Donadon: cercate menti giovani e non giovani e basta. E nelle librerie accanto ai vostri PC, a fianco dei manuali tecnici, lasciate qualche copia di Microservi di Douglas Coupland. Si tratta di un romanzo ambientato a Redmond, vicino a Seattle, dentro una azienda con qualche attinenza con la vostra. Descrive un ambiente di lavoro senza orari, con benefit di tutti i tipi, prato all’inglese attorno e giovani di tutto il mondo che sgomitano per essere assunti. E racconta di come, dietro l’apparenza zen del tutto, si nascondano stress ed alienazione a fiumi.

E di come, in certi posti, nessuno abbia tempo o voglia di giocare al ping pong aziendale.

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
16 dic 2000
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