Nell?editoriale di Linux&C. appena uscito in edicola, a cura di Patrizio Tassone, ci si chiede perché il software open source non entri nelle scuole. Già, perché? E?gratuito, è scaricabile direttamente dalla Rete e, importantissimo, è liberamente modificabile. Perché la pubblica istruzione dovrebbe continuare a spendere miliardi per sistemi operativi e software che in genere vengono utilizzati pochissimo o al minimo delle loro possibilità? Come spiegare a ragazzi che a scuola hanno conosciuto soltanto Windows che Microsoft, d?improvviso, è diventata una monopolista? Le scuole si sentono forse costrette ad acquistare software Microsoft?
Anche il discorso che la scuola deve preparare i ragazzi al mondo del lavoro regge poco, considerando che sono anni che l?istruzione statale ha perso questo suo ruolo, e considerando che ancora ci si ostina ad acquistare decine di licenze di Windows e di ?stagionatissimi? compilatori per sviluppare programmini didattici in Turbo Pascal o in C, quando Linux, da solo, contiene tutti i compilatori e gli interpreti che ci si potrebbe mai sognare. E per la scuola una suite come StarOffice, tranquillamente utilizzata in rispettabilissime aziende, forse non sarebbe più che sufficiente? E lo sanno i professori quanti programmi di calcolo matematico, astronomico, statistico e chi più ne ha più ne metta, sono presenti, sempre gratuitamente, sul canale open source?
Per fortuna le università hanno conosciuto il valore del software aperto ormai da anni: sono moltissime le facoltà sparse per l?Italia che stanno abbandonando i costosi server Sun, SGI o IBM in favore di economicissimi PC equipaggiati con Linux.
Pensiamo poi al grandissimo valore didattico che l?open source offre attraverso la libera distribuzione del codice sorgente e pensiamo al grande stimolo che gli studenti potrebbero avere dalla possibilità di migliorare o modificare questo codice, oppure dal portare avanti progetti totalmente nuovi, magari in collaborazione con altre scuole sparse per il mondo.
Se la scuola fosse così, giuro, mi verrebbe voglia di tornarci.
Alessandro Del Rosso