Roma – Si dice orgogliosa di quanto ha fatto Amne Muna, 24enne giornalista freelance palestinese, considerata la mente dell’omicidio di un ragazzo israeliano avvenuto a gennaio 2001. Un evento dovuto ad una intensa relazione telematica tra i due.
Stando a quanto ricostruito da un tribunale israeliano che ha giudicato Muna, arrestata dai soldati israeliani, la giornalista avrebbe dato il via ad un rapporto via internet con il 16enne Ophir Rakhum, un ragazzo la cui ingenuità gli ha fatto credere che la persona che digitava le sue parole da una tastiera palestinese gli fosse amica o, forse, qualcosa di più.
Qualche settimana dopo la prima chattata, Mune ha dato un appuntamento a Ophir, a gennaio 2001 appunto, riuscendo a carpire la fiducia del ragazzo. Dopo averlo caricato in macchina a Gerusalemme, Mune ha condotto il giovane nella West Bank dove due complici hanno intimato a Ophir di scendere dalla macchina. Al rifiuto di questi, i due hanno fatto fuoco.
Il tribunale israeliano ha condannato Mune al carcere a vita. Lei ha dichiarato di aver agito “per il bene dei palestinesi” e come ritorsione per l’uccisione di giovani palestinesi da parte delle truppe israeliane.