Flat-rate, in Italia si soffre

Flat-rate, in Italia si soffre

di L. Assenti. Il modello di accesso flat è arrivato da noi prima che altrove. Se ne parlava nel '98 e ora le offerte si moltiplicano. Ma la qualità si riduce e aumentano le truffe nell'indifferenza delle autorità di controllo
di L. Assenti. Il modello di accesso flat è arrivato da noi prima che altrove. Se ne parlava nel '98 e ora le offerte si moltiplicano. Ma la qualità si riduce e aumentano le truffe nell'indifferenza delle autorità di controllo


Roma – Che la flat-rate sia un modello di accesso alla Rete con tutti gli ingredienti di una rivoluzione è un dato acquisito. Nell’esperienza di ciascuno, chi ha iniziato a navigare senza limiti di tempo non può più farne a meno. Una volta imboccata la flat non c’è via di ritorno. Per questo si piange, a dirotto, quando la qualità delle flat scende sotto qualsiasi ragionevole livello.

Della flat-rate all’italiana si era iniziato a parlare nel ’98, quando l’accesso all’americana era un sogno dei pochi incalliti tra i non ancora molti navigatori italiani. Si sognava, e si vaneggiava, delle incredibili possibilità aperte dalla connessione senza metronomo, e di conseguenza ci si scagliava contro un mercato chiuso, quello italiano, e un’azienda, quella del monopolio, che sembravano rappresentare i veri insormontabili ostacoli all’arrivo di quel modello di accesso.

Ora le cose, con la complicità di una Unione Europea che qualche scossone l’ha dato, sono cambiate radicalmente. Il mercato delle Comunicazioni, sebbene ancora governato da una tutela statale spesso incapace di dominare i disequilibri creati dalle lobby del settore, non è più completamente paralizzato. Telecom Italia non è più la piova arraffa-tutto di un tempo, sebbene le sue origini monopolistiche ne condizionino ancora la posizione sul mercato e condizionino anche le possibilità di sviluppo dei concorrenti. Ma questi ci sono e sembrano sempre più dinamici e capaci di farsi valere.

Tutto questo ha portato alla flat-rate qui da noi prima che nella progreditissima Gran Bretagna, dove l’accesso all’americana sta arrivando solo ora pugnalando alla schiena l’ex monopolista locale, British Telecom, e mandando in crisi la divisione locale di AltaVista.

In Italia, da qualche mese a questa parte, per navigare con un canone mensile e senza limiti di tempo non c’è che l’imbarazzo della scelta. Si va dal provider double-free, come Punto Informatico ha battezzato NoPay, a quello che ti rimborsa due lire se visualizzi i suoi banner a quello ancora che ti fa pagare poco promettendo niente e a quell’altro che ti fa pagare di più promettendo qualcosa.

Nessuno di questi, però, è in grado di offrire all’utenza residenziale un servizio soddisfacente. Non passa giorno che i newsgroup non si riempiano di utenti indignati per i disservizi di questo o quel fornitore e che in redazione non arrivino segnalazioni, a pacchi, su guasti, blocchi, rallentamenti, difficoltà dei provider.

Nascono siti di protesta, perché gli utenti si coalizzano quando si paga e non si riceve il servizio per cui si è pagato. Si spulciano i contratti firmati e si scoprono le magagne, ci si confronta per trovare soluzioni e ci si prepara alla “battaglia finale”. Mentre sono innumerevoli gli utenti che non si danno da fare né urlano ma che subiscono passivamente i disservizi che hanno pagato, a volte a caro prezzo.

Non c’è fornitore che non abbia subito le rimostranze di numerosi utenti. Alcuni provider hanno reagito investendo, lavorandoci sopra, altri non hanno reagito e sembrano ormai sull’orlo del collasso. Nessuno, finora, ha reagito con la dovuta trasparenza, mettendo in piazza lo stato della propria azienda, senza capire che nell’era della Rete la “e-glasnost” è lo strumento dei forti.

Qualcuno si chiede se non sia il caso di mettersi l’animo in pace e accettare il fatto che la flat-rate in Italia è una quasi novità, che le infrastrutture necessarie ancora non ci sono, che occorre attendere tempi migliori e che per ora occorre accontentarsi. Forse invece è ora che le autorità regolamentari del settore inizino ad interessarsi di quelle aziende, e ce ne sono purtroppo sempre di più, che rapinano un anno di abbonamento a utenti che non vengono messi in condizione di fruire dei servizi pagati.

Quelle sono truffe, ed è inaccettabile che ancora si esiti dal perseguirle a dovere.

Lamberto Assenti

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
8 nov 2000
Link copiato negli appunti