Web (internet) – Prendete un politico, uno qualsiasi fra quelli che solitamente non riescono nemmeno ad ordinare un caffè al bar senza venire attorniati da una selva di microfoni e registratori di radio e tv. Fategli qualsiasi domanda che abbia al suo interno la parola Internet. Scandite bene, mi raccomando: I-n-t-e-r-n-e-t-.
Vedrete che gli si illuminerà il volto come ad un alunno delle elementari al quale la maestra ha posto una domanda di cui conosce la risposta, e partirà in quarta. Per spiegarvi che per il suo partito (tranquilli, è lo stesso per tutti i partiti) Internet è fondamentale…, che sono necessari stanziamenti…, che la new economy…., che l’Italia deve al più presto colmare il divario…, che però mi raccomando c’è bisogno di sicurezza…..etc etc. Finita la ripetizione (certi politici sembra recitino la poesia, la ripetono davanti a chiunque) se ne andranno soddisfatti.
Sembrerebbe anche valere l’assioma per cui più il politico è vicino al fulcro del problema (e quindi abbia titolo per parlarne) più abbia la tendenza a spararle grosse. Il Ministro dell’Industria Enrico Letta per esempio, a proposito della “new economy”, giusto in questi giorni ha affermato che si tratta di “un tema talmente centrale da aver rivoluzionato una agenda di governo per farlo diventare la priorità delle priorità”.
Nel guazzabuglio di parole come queste, pronunciate dal Ministro in occasione di un recente intervento alla Camera dei Deputati, si mescolano allegramente riferimenti alla necessità di liberalizzazione e di decentramento a proposte demenziali (e di segno diametralmente opposto) come quella dei “portali di Stato”.
C’è di che rabbrividire. Dopo anni di parole senza seguito spese dal governo a riguardo della vigorosa imminente azione in materia di nuove tecnologie, parole seguite con regolarità svizzera dal nulla assoluto, siamo ora passati alle “sciocchezze” in libertà.
Se capiamo bene, lo Stato fornirebbe uno spazio gratuito per il commercio elettronico alle medie e piccole imprese che potranno così sbarcare in rete sfuttando le risorse già presenti (sarebbe divertente che Letta dicesse anche quali siano): la via italiana alla new economy passerebbe quindi attraverso il solito viottolo polveroso del controllo dell’apparato statale?
Possibile che i nostri politici non riescano a concepire nulla che non li lasci al centro del ponte di comando? I Postmaster e i Webmaster verranno così assunti tramite pubblico concorso e il rituale tutto italiano degli esami nei palasport si estenderà finalmente anche alle discipline informatiche. Non ne vediamo l’ora.
Mi chiedo perché mai le parole non abbiano un valore. Con quale coraggio riascoltiamo oggi per la centesima volta il sottosegretario alle Comunicazioni Vita mentre convinto afferma che “c’è un ritardo antico che va colmato con una grande politica delle comunicazioni”?
Io non so davvero se ci sia in Italia qualcuno che crede ancora a queste promesse, né ho mai sentito di governi-balia che spingano amorevolmente le imprese private verso le transazioni online su proprie strutture: quello che so è che esiste una ampia fascia di persone fra i nostri responsabili delle cose della rete, per i quali il silenzio sarebbe premessa indispensabile a qualsiasi azione politica decidano di intraprendere. Oppure stabiliamo che le parole non significano nulla e facciamo a gara a chi la spara più grossa.