Fuorilegge il copiatore DVD

Fuorilegge il copiatore DVD

Mentre Hollywood ottiene una prima ingiunzione che prende di mira il DeCSS, i discografici se la prendono con Mp3.com. Industria all'attacco contro tutti, rete compresa
Mentre Hollywood ottiene una prima ingiunzione che prende di mira il DeCSS, i discografici se la prendono con Mp3.com. Industria all'attacco contro tutti, rete compresa


Web (internet) – Negli ultimissimi giorni si sono succedute due ingiunzioni di due diversi tribunali americani volute dagli studios di Hollywood per bloccare la diffusione in rete di un programma, DeCSS, che le majors del cinema ritengono possa mettere a rischio il loro mercato dei DVD.

Una ingiunzione preliminare di un tribunale di Santa Clara in California impedisce ai siti, almeno a quelli americani che ricadono sotto la sua giurisdizione, di pubblicare il programma utilizzato per rimuovere il codice di sicurezza dei DVD in modo da poterlo copiare. Sebbene non si tratti dell’unico modo per fare una copia di un DVD, Hollywood punta a fare del DeCSS una sorta di emblema della propria lotta alla pirateria.

La decisione del tribunale californiano arriva a poche ore da una decisione simile di un tribunale newyorkese secondo cui tre siti web che pubblicavano il DeCSS lo facevano in violazione del Digital Millennium Copyright Act del 1988. L’ingiunzione, inoltre, tocca moltissimi siti americani, alcune migliaia, che in queste settimane hanno pubblicato il DeCSS. L’industria, in realtà, sta anche cercando di bloccare i siti che offrono il link ad altri siti da dove è possibile scaricare il programma…

Secondo la DVD Copy Control Association , “braccio legale” dell’industria di settore, la decisione del tribunale di New York “fa sì che le regole della proprietà intellettuale si applichino anche alla rete, esattamente come in tutti i settori del commercio”.

Entrambe le sentenze saranno comunque contestate dai numerosissimi sostenitori del DeCSS, sviluppato in ambito open source da due programmatori norvegesi, e dalla Electronic Frontier Foundation secondo cui: “questo caso non riguarda né l’hacking né la pirateria. Riguarda la condivisione di informazioni legittime e di codice sviluppato dalla comunità open source”.


E nelle ore in cui la comunità Web iniziava a fare i conti con l’offensiva degli industriali del cinema, quelli della discografia, della Recording Industry Association of America , attaccavano Mp3.com , il principale sito che distribuisce sulla rete musica compressa in formato Mp3.

Secondo la RIAA, Mp3.com viola il copyright sulla musica consentendo ai suoi utenti di archiviare sui server del sito in propri account i brani musicali acquistati. Si tratta di un nuovo servizio “My.mp3.com” lanciato nelle scorse settimane che consiste nella possibilità per gli utenti di creare un proprio account dove archiviare musica in Mp3 e ascoltarla online.

La RIAA non si fida dell’assicurazione di Mp3.com secondo cui chi utilizza quel servizio deve possedere una copia “fisica” della musica archiviata online. Secondo la RIAA la musica registrata online rappresenta una chiara violazione di copyright: “semplicemente non è legale creare un vasto database di registrazioni dei nostri associati senza permessi o licenze”.

Immediata la risposta di Mp3.com: “siamo dalla parte degli utenti e siamo dispiaciuti che i vantaggi e le funzionalità di sicurezza del nostro servizio non vengano compresi da alcuni personaggi dell’industria discografica. Noi crediamo che My.mp3.com stimolerà le vendite di CD e sarà un sostegno per tutta l’industria di settore”.

Secondo gli esperti che si sono espressi su vari media, la posizione di Mp3.com è delicata rispetto alle attuali leggi sul copyright proprio perché, con il nuovo servizio, viene creato un “catalogo” di brani musicali protetti: “se il sito dovesse essere riconosciuto colpevole si troverebbe a dover pagare danni enormi”.

In quel caso, infatti, le sanzioni sarebbero basate su ogni singolo pezzo di ogni album archiviato online e, con i numeri attuali, questo si tradurrebbe in una cifra compresa ta i 750 e i 150mila dollari ad album. Nel complesso i danni potrebbero ammontare a miliardi di dollari?

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Pubblicato il
24 gen 2000
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