Garante: accecate i motori di ricerca

Garante: accecate i motori di ricerca

Trascorso un congruo periodo di tempo i dettagli di una condanna o di una sanzione non devono più essere indicizzati dai motori. Non si oscurino le notizie ma si eviti la gogna elettronica
Trascorso un congruo periodo di tempo i dettagli di una condanna o di una sanzione non devono più essere indicizzati dai motori. Non si oscurino le notizie ma si eviti la gogna elettronica


Roma – Nuova importante decisione del Garante per la privacy su un tema destinato ad interessare moltissimi: la reperibilità permanente in rete di notizie riguardanti condanne o sanzioni grazie alle capacità dei motori di ricerca. Una reperibilità che sa molto di memoria collettiva ma che a detta dell’Authority mette a rischio il diritto dell’individuo esponendolo ad una sorta di “gogna elettronica”.

Così infatti il Garante ha interpretato il ricorso di un operatore pubblicitario basato su di un fatto tanto semplice quanto disarmante: digitando il proprio nome sui principali motori di ricerca, le prime risposte anziché indicare il sito della propria attività commerciale portavano alle pagine di un ente pubblico sulle quali è riportata per esteso una condanna subita dall’uomo nel 1996 e una sanzione risalente al 2002.

Assieme all’ente che ha pubblicato condanna e sanzione, il Garante ha chiarito che è necessario che questa informazione rimanga disponibile. A questo peraltro non ha obiettato l’operatore che ha però fatto notare come, non sottraendo questa informazione ai motori di ricerca, gli effetti della condanna si sarebbero protratti ed estesi ben al di là di quanto previsto dai magistrati che l’hanno decisa.

Per questa ragione il Garante ha ritenuto di chiedere all’ente lo spostamento della notizia di quella condanna, e di tutte quelle di molto tempo fa (“un congruo periodo di tempo”), in un’area del sito che non sia indicizzabile dai motori. Questo significa, in sostanza, che la condanna sarà sempre reperibile sul sito dell’ente ma non sarà individuata dai motori.

La questione è evidentemente tutt’altro che secondaria ed ha a che vedere con il bilanciamento tra diritto all’oblio riconosciuto dal Codice sui dati personali, necessità di pubblicazione di certi materiali e funzionalità dei motori di ricerca. Questi ultimi, moderne guide all’universo del Web e non solo, da un lato esercitano il fondamentale ruolo di manutentori degli “indici” della memoria depositata in rete , dall’altro però lo fanno senza una selezione che tenga conto della rilevanza giuridica di certi link, dunque con conseguenze di vario genere.

Ne è consapevole ovviamente lo stesso Garante che considera la propria una decisione “pilota” che “avvia una nuova complessa riflessione tra trasparenza e oblio alla luce delle diverse opportunità offerte da Internet”.

Nel caso specifico, il Garante ha disposto che l’ente pubblico continui a pubblicare sul proprio sito le proprie decisioni, anche a distanza di tempo, predisponendo però nell’ambito del proprio sito web, entro un trimestre, una sezione per i vecchi provvedimenti (dove collocare ad esempio la predetta decisione del 1996) consultabile da tutti coloro che accedono al sito e non da qualsiasi utente dei motori di ricerca. Entro tre mesi l’ente dovrà anche stabilire dopo quanto tempo dalla pubblicazione sul proprio sito le decisioni verranno spostate nell'”area protetta”.

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Pubblicato il
13 apr 2005
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