Circa 11mila computer sparsi in tutto il mondo, tra ambasciate e consolati, e ovviamente anche nella madrepatria saranno convertiti a Linux e al software open: lo ha annunciato il Ministero degli Esteri tedesco, che ha spiegato di avere tutta l’intenzione di passare al pinguino e di aver anzi già completato più di metà del lavoro. Tra le motivazioni addotte per questa scelta, prima di tutto i costi.
Rolf Schuster, al seguito dell’ambasciata madrilena della Germania, ha spiegato a margine di una conferenza in terra spagnola quali sono le cifre in ballo: “Il ministero degli esteri ha computer in molti e remoti avamposti. Già oggi il costo di queste postazioni è di circa mille euro all’anno, contro gli oltre 3mila a postazione degli altri ministeri”. Con il passaggio a Linux e al software open, come OpenOffice, i costi potrebbero abbattersi ulteriormente .
La Germania non è nuova a questi exploit: il comune di Monaco di Baviera è senz’altro l’ esempio più lampante della popolarità di cui gode Linux in terra teutonica, ma non mancano aziende che scelgono il software a sorgenti aperti anche per scopi commerciali. Nel caso del ministero degli esteri, delle circa 230 ambasciate tedesche in tutto il mondo più della metà avrebbero già avviato o completato il passaggio al nuovo corso open.
“Non è una scelta priva di problemi – precisa Schuster, che cita il caso dell’ambasciata nel paese del Sol Levante – I nostri sviluppatori non conoscono il giapponese, e questo fa sì che non capiscano fino in fondi certi problemi: abbiamo dovuto rivolgerci ad uno sviluppatore in Giappone per aiutarci a risolvere alcune questioni che avevamo in sospeso con Open Office”. Oggi comunque l’intera infrastruttura dell’ambasciata in terra nipponica è dotata di Linux, così come accaduto anche in Corea e Spagna.
Gli altri ostacoli che il ministero ha dovuto scavalcare non erano di natura tecnica: gli stessi esperti IT, oltre 200, dell’istituzione si erano mostrati all’inizio diffidenti rispetto alla soluzione Linux : “Le loro rimostranze non erano di natura tecnica – conclude Schuster – Solo non sapevano molto di Linux e Open Source, e abbiamo dovuto aiutarli a cambiare prospettiva. Alcuni sono stati avviati ad un corso full immersion sui server Linux e su Apache, così che potessero scoprire che funzionano”.
Luca Annunziata