Google, acquisizione per lo streaming di app?

Google, acquisizione per lo streaming di app?

Stando alle indiscrezioni, l'ultima acquisizione di Google avrebbe come obiettivo la realizzazione di servizi di streaming di app su gadget mobile, con Mountain View impegnata a spostare il focus dalle app al Web
Stando alle indiscrezioni, l'ultima acquisizione di Google avrebbe come obiettivo la realizzazione di servizi di streaming di app su gadget mobile, con Mountain View impegnata a spostare il focus dalle app al Web

Google avrebbe acquisito la startup Agawi per lo streaming di app su Android, dicono le indiscrezioni , e l’obiettivo sarebbe nientemeno che la “guerra” ai download dallo store Play e il ripristino della predominanza che i servizi di rete (magari accessibili da browser Web) avevano prima dell’arrivo di iPhone.

Le indiscrezioni, apparentemente confermate da Google stessa con una nota a dir poco stringata, garantirebbero alla corporation l’accesso alla tecnologia di Agawi – una società specializzata nello streaming di app mobile via Web e inizialmente interessata al business dell’advertising in-app.

Agawi voleva fornire agli utenti – e quindi agli sviluppatori – la possibilità di avere una preview delle funzionalità disponibili a pagamento su un gioco o su una app qualsiasi, ma con l’entrata in gioco di Google le cose si fanno molto più complesse e la prospettiva si estende ben oltre gli acquisti in-app e il F2P.

La corporation dell’advertising potrebbe ben decidere di adoperare la tecnologia di Agawi per dispensare app sotto forma di streaming Web piuttosto che come download sullo store Play, dicono le indiscrezioni , una nuova opportunità di business per un’azienda che continua a raccogliere il grosso dei suoi guadagni tramite l’advertising su Web.

Fra le teorie in circolazione vi è ad esempio quella riguardo un servizio di streaming inizialmente focalizzato sui giochini casual tanto popolari sui gadget mobile, o magari persino la possibilità di testare un gioco (o qualsiasi altra cosa) direttamente dal messaggio pubblicitario mostrato all’interno di una app.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 22 giu 2015
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