Google, la ricerca non è imparziale

Google, la ricerca non è imparziale

Un nuovo studio accusa Mountain View di manipolazione volontaria dei risultati nelle ricerche web. L'autore dello studio è consulente pagato da Microsoft, ribatte Google
Un nuovo studio accusa Mountain View di manipolazione volontaria dei risultati nelle ricerche web. L'autore dello studio è consulente pagato da Microsoft, ribatte Google

Ben Edelman colpisce ancora: il professore di Harvard, già noto per le sue indagini sulle magagne dei giganti del web, e di Google in particolare, accusa di nuovo Mountain View di comportamento scorretto nei confronti della concorrenza e degli utenti. Sotto accusa in questo caso ci finisce la ricerca web, il servizio che è la base dell’impero telematico del Googleplex e che secondo Edelman verrebbe gestito in maniera niente affatto “imparziale” o matematicamente agnostica.

Edelman e colleghi hanno scoperto che gli algoritmi incaricati di fornire i risultati di una ricerca su Google presentano una classifica di link favorevole ai servizi offerti da Mountain View tre volte più spesso di quanto capiti con i siti concorrenti. Nel loro studio i ricercatori di Harvard prendono in esame keyword popolari come “mail”, “email”, “maps”, “video” e quant’altro ricavandone l’idea che il ranking è spesso e volentieri in sintonia con l’offerta di servizi web di Google.

Anche Yahoo!, assieme a Google, tenderebbe a favorire la propria bottega rispetto a quelli che al contrario risulterebbero essere i servizi realmente desiderati dagli utenti. “Tipicamente Google sostiene che i suoi risultati vengono generati da algoritmi, sono oggettivi e mai manipolati dicono gli autori dello studio – Google chiede al pubblico di credere che gli algoritmi decidano, e che le sue partnership, le aspirazioni di crescita o i servizi connessi non influenzino i risultati. Noi dubitiamo di tutto ciò”.

Edelman e colleghi sono insomma della stessa idea dell’Unione Europea, che ha deciso di mettere Google sotto inchiesta per le denunce circa l’accusa di comportamento anticompetitivo nella gestione dei risultati nelle ricerche web. I ricercatori sperano di vedere applicati agli algoritmi di ricerca gli stessi scrupoli di indagine “terze” adottati per le API e il codice di Windows.

E proprio Microsoft, stando alla risposta del portavoce di Google Adam Kovacevich allo studio, si celerebbe dietro queste nuove accuse di parzialità ai suoi algoritmi “matematicamente imparziali”. “Il signor Edelman è da lungo tempo un consulente stipendiato da Microsoft – accusa Kovacevich – quindi non sorprende che sia l’autore di un test assai prevenuto in cui il suo sponsor passerebbe mentre Google fallirebbe”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
21 gen 2011
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