Guillermo del Toro, il regista premio Oscar famoso per i suoi mostri magnifici e le storie che ti spezzano il cuore, non ha usato mezze misure quando NPR gli ha chiesto cosa pensa dell’AI generativa. La sua risposta è stata breve, brutale, definitiva: I’d rather die
. Preferirei morire.
Guillermo del Toro contro l’AI
È il livello di rifiuto che di solito si riserva alle torture medievali o ai reality show particolarmente trash, non alle tecnologie emergenti. Ma del Toro a 61 anni sa esattamente cosa pensa, e intende rimanere disinteressato all’uso dell’AI fino a quando non creperò
.
Del Toro sta lavorando a una reinterpretazione di “Frankenstein” di Mary Shelley. Ha ammesso candidamente che si è ispirato all’arroganza del settore tecnologico. Ho voluto che l’arroganza di Victor [Frankenstein] fosse simile in qualche modo ai tech bros,
ha spiegato. È un po’ cieco, crea qualcosa senza considerare le conseguenze, e penso che dobbiamo fermarci e riflettere su dove stiamo andando.
Victor Frankenstein, il protagonista del romanzo gotico del 1818, è l’archetipo dello scienziato che gioca a fare Dio, così preso dalla sua genialità da non fermarsi a pensare se dovrebbe fare quello che può fare. Crea una creatura e poi la abbandona, terrorizzato dal risultato del suo lavoro. Il mostro diventa mostro non perché nato cattivo, ma perché il suo creatore non si è mai fermato a considerare le conseguenze delle sue azioni.
Suona familiare?… Gli stessi imprenditori della Silicon Valley che lanciano AI senza chiedersi cosa succederà agli artisti che perdono il lavoro, ai diritti d’autore che vengono calpestati, alla cultura che viene omogeneizzata. Del Toro ha colto il parallelo e lo ha messo al centro del suo film.
Il problema non è l’AI, è la stupidità naturale
Ma del Toro non si limita a paragonare i CEO della Silicon Valley a personaggi letterari. Quando gli hanno chiesto della sua preoccupazione per l’intelligenza artificiale, ha risposto con una frase che dovrebbe essere stampata sulle magliette: “Quello che mi preoccupa non è l’intelligenza artificiale, ma la stupidità naturale. È quella che, da sempre, alimenta molte delle cose peggiori che ci circondano.”
È una distinzione cruciale. Il problema non è la tecnologia in sé, del Toro ha passato decenni a usare effetti speciali all’avanguardia per dare vita alle sue creature, ma le persone che la impiegano senza riflettere, senza mostrare alcuna empatia, senza considerare il suo impatto. L’AI generativa è solo l’ultimo strumento nelle mani di gente che valuta tutto in termini di efficienza e profitto, mai in termini di significato o valore artistico.
Del Toro sta dicendo che l’arte vera ti cambia, ti devasta, ti ricostruisce. Un’immagine generata dall’AI può essere carina, tecnicamente impressionante, persino utile per certi scopi. Ma non ti farà mai piangere per le ragioni giuste.
La resistenza creativa
Del Toro non è solo nella sua crociata. Anche Steven Spielberg e Jim Lee, presidente e publisher di DC Comics, sono contrari all’uso dell’AI nel cinema. Sono voci che contano. Non influencer o critici da divano. E tutti stanno dicendo la stessa cosa: no, grazie. Ma l’altra metà di Hollywood sta andando nella direzione opposta.
I sindacati che rappresentano attori e sceneggiatori stanno combattendo per ottenere tutele contro l’uso non autorizzato delle loro voci o delle loro sembianze per addestrare le AI senza consenso. Anche i grandi studi si stanno muovendo sul fronte legale: Warner Bros. Discovery, Disney e NBCUniversal hanno fatto causa a Midjourney quest’anno per violazione di copyright.
Il cinema, alla fine, è un’arte fatta da umani per umani. Gli effetti speciali e il CGI erano strumenti nelle mani di artisti per raccontare storie più grandi, più epiche, più emozionanti. Ma l’AI generativa vuole sostituire gli artisti stessi, non solo i loro strumenti. Ed è qui che gente come del Toro traccia la linea.