Washington (USA) – Uscito di galera dopo cinque anni di carcere lo scorso 21 gennaio pronunciando un “J’accuse” che ha fatto scuola, Kevin Mitnick torna ancora una volta alla ribalta delle cronache. Accusato, a suo dire ingiustamente, messo all’indice dai media e dalla politica, impossibilitato per legge ad avvicinare per tre anni un computer o un telefono cellulare, Mitnick è stato ora richiesto dal Senato americano per una consulenza sul fenomeno dell’hacking e sulle contromosse da adottare.
L’operazione pare decisamente clamorosa ma Mitnick sembra interessato ad accettare, vista la possibilità che tutto questo possa servire a consentirgli di utilizzare di nuovo l’unico strumento di lavoro che conosca, “il computer”. Mitnick ha affermato al Senato: “Sono riuscito ad entrare nei sistemi informativi di alcune delle più importanti aziende del pianeta e sono penetrato in tutti i sistemi informativi più complessi mai sviluppati”.
Mitnick ha sostenuto che le attuali proposte legislative in materia di hacking sono un buon passo avanti e ha suggerito alcune correzioni, relativamente all’individuazione dei dati importanti nelle aziende e alla formazione del personale. Poi ha anche puntato l’indice sul fatto che sicurezza non significa soltanto software aggiornato e firewall efficienti: nel descrivere l’hacking contro la AT&T , Mitnick ha spiegato che tutto è cominciato dopo aver telefonato all’azienda e aver convinto una segretaria a inviargli una password fondamentale, facendosi passare per un alto dirigente dell’azienda.
L’hacker che più di ogni altro ha conosciuto suo malgrado la ribalta dei media, ha anche spiegato quanto sia importante la collaborazione: “non sarei mai stato preso o arrestato qualora numerosi soggetti,e non solo il governo, ma anche provider internet e compagnie telefoniche non avessero lavorato insieme per individuare la mia posizione”.