Hackers, ora è emergenza giapponese

Hackers, ora è emergenza giapponese

In pochi credevano che l'hacking di due siti governativi sarebbe stato preso così seriamente dalle autorità nipponiche che hanno convocato una riunione d'emergenza
In pochi credevano che l'hacking di due siti governativi sarebbe stato preso così seriamente dalle autorità nipponiche che hanno convocato una riunione d'emergenza


Tokyo (Giappone) – Il Giappone, alle prese con le aggressioni hacker ai server internet di due siti istituzionali, ha reagito in modo singolare: le autorità hanno infatti convocato nelle scorse ore una riunione di emergenza. Per la prima volta si è verificato un hacking del genere e i giapponesi vogliono ora costituire una propria forza di cybercops in grado di fare fronte a quello che qui viene definito “terrorismo cyber”.

Una delle ragioni di tanta attenzione è il fatto che tra gli slogan pubblicati dagli hacker nei giorni scorsi sui siti governativi ce ne erano alcuni che ricordavano le colpe del Giappone in tempo di guerra e il fatto che il paese negherebbe i crimini compiuti dal suo esercito nel “massacro di Nanchino” dove, nel 1937, sono stati uccisi 300mila cinesi. Non solo, gli slogan erano rivolti ai giapponesi ma scritti in cinese, cosa che ha indotto alcuni esponenti di Pechino ad affermare che se l’hacking è accaduto la colpa è del governo giapponese che non avrebbe impedito un raduno revisionista ad Osaka, teso a “rivedere”, appunto, la storia di Nanchino.

Insomma l’hacking dei due siti governativi di cui anche Punto Informatico ha dato notizia ieri, si sta trasformando in un caso nazionale e le autorità in questo meeting speciale si vanno interrogando su quali mezzi possano essere presi per contrastare le azioni degli hacker.

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Pubblicato il
27 gen 2000
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