HAL 9000 ha il camice bianco

HAL 9000 ha il camice bianco

Gli scienziati reinventano se stessi in forma robotica: il primo esemplare di bot-ricercatore sa condurre esperimenti, formulare ipotesi e scoprire leggi fisiche fondamentali. E in futuro farà ancora di più
Gli scienziati reinventano se stessi in forma robotica: il primo esemplare di bot-ricercatore sa condurre esperimenti, formulare ipotesi e scoprire leggi fisiche fondamentali. E in futuro farà ancora di più

Se non siamo ancora vicini al secondo rinascimento delle macchine , di certo siamo sulla buona strada: dopo aver largamente sostituito le braccia umane all’interno delle fabbriche e sulle linee di produzione, i robot si affiancano ora agli scienziati portando a termine esperimenti, analizzando e interpretando autonomamente i dati e producendo conoscenza sotto forma di equazioni e leggi matematiche .

Due diversi team di ricercatori, l’uno inglese e l’altro americano, hanno pubblicato i risultati del loro lavoro sull’ultimo numero della rivista Science . Obiettivo principale degli studi, l’esplorazione delle possibilità concrete di una ricerca “automatizzata” che partendo da specifici algoritmi di base riesca a produrre risultati in proprio coadiuvando il lavoro teoretico degli scienziati in carne e ossa.

Nel primo caso lo scien-bot si chiama Adam , è stato realizzato da una partnership tra Aberystwyth University e University of Cambridge ed è stato programmato per gestire esperimenti di micro-biologia sulle interazioni chimiche del lievito. Il lavoro è stato portato a termine oltre le più rosee aspettative dei “padri” dell’automa: Adam è riuscito, tutto da solo, a ipotizzare formule, usare campioni di cellule per verificarle, correggere il tiro in caso di errori, riformulare e ri-sperimentare.

Il risultato è senza precedenti: grazie ai suoi circuiti, Adam è riuscito a identificare geni che sino a ora la ricerca “umana” non aveva ancora scovato, e il tutto è stato confermato sperimentalmente grazie ai test dei ricercatori umani. Non solo Adam-bot ha processato un gran numero di dati e informazioni ma ha, probabilmente per la prima volta nella storia della robotica, fatto mostra della più alta forma del pensiero con la formulazione di ipotesi teoriche innovative .

E se da Aberystwyth promettono (minacciano?) che Eve , il prossimo scien-bot in via di realizzazione, aiuterà la ricerca nella creazione di nuove medicine per combattere patologie infettive come la malaria e la schistosomiasi, alla Cornell University hanno sviluppato un software capace di ricavare leggi di natura universalmente valide a partire dall’analisi computazionale di gran quantità di dati “puri” e incompleti.

Alla base del software c’è una tecnica nota come “programmazione genetica”, che parte con ipotesi casuali per la soluzione di un problema, facendo poi passare tali ipotesi attraverso un algoritmo ispirato ai meccanismi dell’evoluzione (appunto) e ricombinazione genetica per cambiare posto ai termini dell’equazione finché non ne esca fuori una che funziona.

Nel corso delle sperimentazioni riportate su Science , la tecnologia Cornell è stata in grado di scoprire in maniera autonoma e indipendente da qualsiasi intervento umano leggi fisiche come quella sulla velocità e la conservazione dell’energia, e il tutto semplicemente “osservando” un sistema complesso (un doppio pendolo), estrapolandone dati sperimentali e sfruttandoli per giungere a una formulazione matematicamente coerente.

“Uno dei più grossi problemi della scienza di oggi – dice il professor Hod Lipson, autore della ricerca – è la necessità di andare oltre e scovare i principi fondamentali in aree dove ci sono grandi quantità di dati ma dove sono presenti falle nella teoria”. Lipson sostiene che il suo software potrà rivelarsi in futuro “un tool importante” per coadiuvare ricerche teoretiche ad alta densità di dati e informazioni, dove gli automi-scienziati potranno portare il loro contributo con ipotesi e formulazioni che la mente umana non ha ancora potuto immaginare.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
6 apr 2009
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