Contro il logorio della miniaturizzazione dei componenti informatici, ricercatori britannici hanno pensato di trarre vantaggio dai meccanismi naturali per sviluppare un’alternativa alle attuali tecniche di immagazzinamento dei dati su supporti magnetici. Che in futuro potrebbero essere in parte “biologici” e fornire molto più spazio.
La ricerca, condotta da un team di ricerca dell’Università di Leeds, si basa sul fatto che taluni tipi di batteri hanno sviluppato la capacità naturale di assimilare ferro e generare “nanoparticelle” magnetiche che li aiutino a orientarsi secondo il campo magnetico della Terra.
Gli scienziati britannici hanno isolato la proteina responsabile per la sinterizzazione della nanoparticella sensibile ai campi magnetici, usandola poi per creare pattern magnetici (su superficie dorata) in grado di registrare dati in formato binario.
Il risultato sin qui raggiunto dal team di Leeds sono unità magnetiche (capaci di immagazzinare un singolo bit di informazione) grandi 20 micrometri, una dimensione enormemente maggiore rispetto allo standard degli attuali HDD multi-Terabyte. Nondimeno i ricercatori lavorano per ridurre di molto le dimensioni in gioco.
Alfonso Maruccia