Seattle (USA) – L’ultima frontiera della cooperazione internazionale per favorire lo sviluppo dei paesi poveri si chiama lotta al digital divide : un ideale abbracciato da molte aziende ed enti occidentali, impegnate nella spedizione periodica di componenti elettronici inutilizzati ed obsoleti alle popolazioni del terzo mondo.
Un modo moderno per esercitare l’antica virtù della carità . Ma un attento studio condotto dall’organizzazione Basel Action Network ha denunciato il lato oscuro di questa particolare forma d’incentivo, ignorato dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.
Dietro una facciata benevola si nasconderebbe un terribile flusso internazionale di tecnospazzatura che sta inquinando intere nazioni di continenti come Africa ed Asia. Cadmio, mercurio e piombo, contenuti in grandi quantità soprattutto nei monitor e nelle schede madri dei computer, stanno distruggendo interi ecosistemi in Nigeria, India e Cina.
“Limitare il divario tecnologico tra nord e sud del mondo va bene”, sostiene Jim Puckett, responsabile di Basel Action Network, “ma esportare tonnellate di rottami high-tech sfruttando la facciata della beneficenza è assolutamente criminale”. Secondo quanto pubblicato dall’associazione ecologista di Seattle, il porto di Lagos, in Nigeria, è il più importante scalo del traffico illegale di spazzatura IT diretta verso il continente nero.
Ogni giorno arrivano almeno 17 navi cargo stipate con monitor ed altri dispositivi, e tutte battono bandiere europee o nordamericane. Una situazione che lascia intuire una violazione reiterata e sistematica della Convenzione di Basilea promossa dalle Nazioni Unite .
“Solo il 30% di tutte le cose che arrivano sono utilizzabili”, denuncia Puckett. Il fotodocumentario ” The Digital Dump: Exporting High-Tech Re-use and Abuse to Africa “, ambientato proprio a Lagos, mostra montagne di silicio e metallo simili a quelle che costellano Bangalore , metropoli indiana dell’alta tecnologia.
“Europa, Stati Uniti e Canada stanno trasformando certi posti in vere e proprie discariche”, continua Puckett, “e le varie istituzioni dei paesi coinvolti non fanno assolutamente niente”. In Africa ed in Asia la popolazione è completamente all’oscuro dei terribili danni prodotti dall’inquinamento tecnologico, aggravati da un sottobosco di tecnici low-tech che estraggono materie prime preziose dai componenti elettronici.
La soluzione proposta dal Basel Action Network è che i produttori hardware eliminino l’uso di qualsiasi materiale tossico o cancerogeno. Il BAN chiede inoltre ai governi di tutto il mondo di rinforzare i sistemi di riciclaggio locale , contro questo nuovo incubo dell’era informatica che esporta inquinamento in quantità enormi.
Tommaso Lombardi