I dieci anni di PeaceLink

I dieci anni di PeaceLink

Tecnologie della pace contro tecnologie della guerra: 28 ottobre 1991-28 ottobre 2001. PeaceLink celebra il suo decennale con un'azione nonviolenta nella base nucleare di Faslane in Scozia. Arrestato e rilasciato Francesco Iannuzzelli
Tecnologie della pace contro tecnologie della guerra: 28 ottobre 1991-28 ottobre 2001. PeaceLink celebra il suo decennale con un'azione nonviolenta nella base nucleare di Faslane in Scozia. Arrestato e rilasciato Francesco Iannuzzelli


Web – Il 28 ottobre 1991 nasceva ufficialmente la rete telematica PeaceLink : sono passati esattamente dieci anni. Frugando nell’archivio ho trovato uno “storico” articolo del Corriere del Giorno con cui si annunciava: “Singolare iniziativa denominata PeaceLink”. Vi si legge: “Lunedì 28 ottobre, nell’aula magna dell’Ipsia Archimede in via Lago Trasimeno, si terrà alle 17 un incontro finalizzato ad illustrare il progetto PeaceLink il cui tema è: L’informatica e la telematica per una cultura della pace e della solidarietà”. L’articolo spiegava: “Cosa significa PeaceLink? Tradotto letteralmente in italiano può significare “collegamento di pace”, ma anche “legame di pace”. Ventidue scuole di Taranto e provincia hanno ricevuto una “password” (parola di accesso) con la quale possono inserirsi nella rete telematica”.

A dieci anni di distanza si avverte più chiaramente la novità di un’intuizione che colse di sorpresa tutti: un’iniziativa pacifista infatti anticipava per la prima volta le stesse forze armate battendole sul tempo (attualmente, detto per inciso, il sito di PeaceLink è di gran lunga più diffuso su Internet dei siti delle tre forze armate italiane messe insieme).

Il “collegamento di pace” fu un’idea concordata fra me e uno scout pacifista di Livorno, Marino Marinelli. A settembre del 1991 si creò il “contatto” Taranto-Livorno e venne concordato il nome: PeaceLink. A Taranto la pluriennale competenza di Giovanni Pugliese, un System Operator della rete telematica Fidonet, consentì a PeaceLink di inserirsi in un circuito nazionale e mondiale prima ancora che fosse disponibile in Italia la rete Internet, cosa che avvenne poi tra il 1994 e il 1995. Giovanni Pugliese è un operaio di Taranto, precisamente di Statte, che aveva messo gratuitamente a disposizione di PeaceLink le apparecchiature e le conoscenze accumulate in precedenza, diventando l’anima tecnologica della rete.

In un primo momento, una consistente fetta del movimento pacifista più riluttante alle nuove tecnologie (del resto Gandhi era refrattario alle macchine) non seppe cogliere questa occasione e PeaceLink rimase uno strumento per pochi pionieri. La novità di una comunicazione e socializzazione informativa in rete in tempo reale, se non appassionò subito le menti dei pacifisti più tradizionalisti, tuttavia mise immediatamente in allerta i servizi di sicurezza italiani che intuirono perfettamente la portata di questa innovazione.

Infatti alle prime iniziative (che erano rivolte al mondo della scuola) fra i presenti vi erano facce nuove: non erano insegnanti… Tuttavia PeaceLink non svolgeva alcuna attività sospetta ma un’azione di promozione della solidarietà alla luce del sole. Nel 1992 e 1993 venne dato appoggio alle missioni di pace a Sarajevo di don Tonino Bello e di don Albino Bizzotto. Fu persino messo a disposizione un aereo da soccorso collegato alla rete che sarebbe decollato nel caso la missione pacifista fosse stata colpita.

Nel 1994 un blitz della Guardia di Finanza, su ordine di un solerte magistrato, sequestrò il computer centrale di PeaceLink: fu un clamoroso errore. I militi cercavano una centrale illegale di smistamento di software e non la trovarono. Il processo si concluse con un’assoluzione piena ma fece toccare con mano il clima teso di diffidenza e di ostilità in cui veniva accolta un’iniziativa così nuova.

Dopo il 1995 PeaceLink ha dato appoggio a bambini sfortunati affetti da malattie rare, diventando ospite di don Mazzi in TV a “Domenica In”. L’anno successivo PeaceLink era in Africa, con Enrico Marcandalli, per installare gratuitamente i computer di un’agenzia di giornalisti africani (Africanews) e per dare vita ad un centro di comunicazione telematica per una comunità di bambini di strada a Nairobi (Koinonia). Si aprì allora il versante “africano” e solidale di PeaceLink che ha portato alla collaborazione stretta con il missionario comboniano padre Kizito.

Uno dopo l’altro da allora cominciarono ad uscire i libri di PeaceLink: “Telematica per la pace”, “Oltre Internet”, “Apri una finestra sul mondo”, “Italian crackdown” e altri ancora. Si avviarono esperienze editoriali in cui diventava elemento trainante un giovane scout di nome Carlo Gubitosa, oggi giornalista e segretario di PeaceLink.

Le esperienze della rete ci portarono in TV di fronte a Carlo Massarini (conduttore di “Mediamente”) e in sceneggiatura televisive scritte e riprese dai registi Squizzato e Brunatto per conto della RAI. I proventi televisivi di PeaceLink vennero versati a padre Kizito e ai bambini più poveri di Nairobi, come pure i diritti d’aurore dei libri.

Durante la guerra del Kossovo ci fu una vera e propria esplosione dei contatti telematici, anche perché su PeaceLink scrivevano persone sottoposte ai bombardamenti Nato. Nacque così il libro “Cronache da sotto le bombe”, una testimonianza drammatica, terribilmente umana. Quello è stato un momento forte di una più vasta serie di iniziative di risonanza nazionale che si sono poi concentrate sullo scandalo dell’uranio impoverito e sul rischio nucleare. Si sono ottenuti risultati concreti come la pubblicazione sul sito di PeaceLink dei piani di emergenza nucleare (tenuti fino ad allora segreti) e delle mappe dettagliate (tenute segrete anch’esse) dei Balcani dove erano caduti i proiettili radioattivi della Nato.


Anziché un incontro per il decennale PeaceLink in questi giorni è stata effettuata un’azione nonviolenta nella base nucleare di Faslane in Scozia, condotta da Francesco Iannuzzelli insieme ad altri mille attivisti. Francesco Iannuzzelli è stato arrestato e infine rilasciato (si veda il resoconto su www.peacelink.it ) comunicando via e-mail: “Alle 7 di mattina ci siamo legati le braccia dentro dei tubi di plastica, formando così delle catene umane ben difficili da sciogliere, e ci siamo sdraiati per terra davanti agli ingressi della base, bloccandone l’accesso ai dipendenti che vi si recano al lavoro la mattina. Per la polizia è stato particolarmente laborioso rompere le catene umane e ha dovuto far ricorso a seghetti elettrici, pinze e forbici per tagliare i tubi e rompere le corde e le catene. Come conseguenza della manifestazione, le attività della base sono rimaste bloccate per circa 5 ore.

Alla fine 171 persone sono state arrestate, in maggioranza donne, e trasportate verso le vicine stazioni di polizia. Tra gli arrestati anche 3 membri del parlamento (due scozzesi e un’irlandese), due pastori della chiesa scozzese e numerosi anziani. Al clima molto pacifico e di reciproca fiducia ha sicuramente contribuito il proverbiale carattere amichevole degli scozzesi, sia dalla parte dei manifestanti che da quella dei poliziotti, e soprattutto la presenza di una vasta fascia della popolazione, anziani, famiglie, bambini, preti, deputati, ecc. ecc., tutti quanti attivi in questa forma di disobbedienza civile e pronti anche a farsi arrestare. In merito è interessante ricordare che, secondo un recente sondaggio, il 51% della popolazione scozzese appoggia queste proteste contro le basi militari”.

Questa testimonianza spiega l’efficacia della disobbedienza civile nonviolenta che “parla” al cuore della gente catturandone la simpatia; è una prassi a cui PeaceLink guarda con particolare favore. Nel complesso ci caratterizziamo per strategie che intrecciano l’attivismo di Greenpeace e con le metodologie di Amnesty International (in primo luogo una rigorosa autonomia dai partiti politici).

Devo dire francamente che dieci anni fa non avrei mai immaginato che il mondo si sarebbe evoluto così e che ogni mese le persone più varie su PeaceLink si collegassero 80.000 volte e scaricassero un milione di pagine. Tutto ciò è stato il frutto del lavoro gratuito di decine di volontari, di cui non è possibile ricordare qui i nomi ma che hanno saputo costruire un’utopia concreta con la ragionevole fiducia nell’idea che le tecnologie della pace possano competere con le tecnologie della guerra.

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink

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Pubblicato il
29 ott 2001
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