I dipendenti: non liquidate Blu

I dipendenti: non liquidate Blu

I dipendenti dell'azienda dal futuro incerto raccontano la loro versione della storia del quarto operatore mobile italiano
I dipendenti dell'azienda dal futuro incerto raccontano la loro versione della storia del quarto operatore mobile italiano


Roma – La situazione attuale di Blu e la serie di eventi che ne hanno caratterizzato la storia fin qui inducono noi dipendenti a mettere in evidenza alcuni punti che riteniamo importanti per una valutazione adeguata della vicenda aziendale.

Gli azionisti di Blu hanno fissato un’assemblea dei soci per il 31/7 p.v. nel cui ordine del giorno c’è la conferma del loro proposito di avviare le azioni necessarie per liquidare l’azienda. Gli azionisti di Blu sostengono di non aver ricevuto, per la cessione dell’azienda, nessuna proposta accettabile, nonostante Blu sia in vendita da oltre un anno.

Gli azionisti di Blu, dopo avere rinunciato ad acquisire una delle 5 licenze UMTS messe in gara nel 2000 dal Governo italiano, ritirandosi in modo clamoroso dalla gara, ritengono che nemmeno l’investimento nel GSM/GPRS, come quarto operatore del mercato radiomobile italiano, sia più giustificato nell’attuale scenario, in quanto non assicurerebbe adeguati ritorni economici nel medio/lungo termine.

L’assenza di acquirenti idonei a rilevare l’azienda sia in Italia che all’estero, nonostante essa sia in vendita da oltre un anno, sarebbe la dimostrazione della scarsa fiducia degli investitori nelle possibilità per un operatore come Blu, privo di licenza UMTS, di sopravvivere nel mercato italiano e nel contempo “giustificherebbe” il disimpegno degli attuali soci, nonostante gli impegni da essi assunti nei confronti delle istituzioni italiane in qualità di titolari di una licenza GSM.

Nel luglio del 2001 l’azionista di riferimento di Blu è stato autorizzato ad acquisire una quota azionaria del maggior operatore italiano di tlc, con precisi vincoli da rispettare, tra cui quello di cedere la sua partecipazione in Blu ad un soggetto idoneo entro una scadenza prestabilita.

Nel dicembre del 2001 il secondo azionista di Blu rileva, ad un prezzo tutt’altro che basso, la partecipazione azionaria di un altro socio che aveva deciso di uscire dall’azienda.

Poco più di un mese dopo, agli inizi di febbraio 2002, l’azienda comunica che per l’acquisizione di Blu ci sono offerte solo per singoli asset provenienti dagli altri Operatori mobili presenti sul mercato italiano.

Quest’ultima circostanza e la volontà di voler salvaguardare l’occupazione, sarebbero stati i presupposti all’origine della definizione del famoso modello di cessione denominato “a resto zero”, l’unica alternativa, secondo l’azienda, alla liquidazione.

Tale modello di cessione aziendale, proprio in considerazione della salvaguardia dei livelli occupazionali, avrebbe il consenso anche delle autorità competenti del Governo italiano, nonostante le molte criticità che presenta a livello normativo, contrattuale e negoziale. In considerazione della decisione, presa da tempo, di vendere (o liquidare) l’azienda, gli azionisti di Blu, sin dall’ottobre del 2001, prima ancora di avere proposte concrete di acquisizione, hanno ridotto drasticamente il finanziamento dell’Azienda, determinando una situazione che, protraendosi per 8 mesi, l’ha portata da uno stato di significativa competitività sul mercato ad una situazione pre-fallimentare.

Le affermazioni precedenti ci inducono, malcapitati dipendenti di Blu, a fare alcune semplici considerazioni.

Se alcune delle affermazioni precedenti sono discutibili ed, in particolare, se nella situazione attuale ci sono fondate ed oggettive ragioni per ritenere che ci siano le condizioni per mantenere un operatore come Blu nel mercato radiomobile italiano, allora noi pensiamo che ogni soggetto istituzionale, sia pure nell’ambito delle proprie competenze, abbia il primario dovere morale di attuare tutte le azioni necessarie ad impedire che Blu sia liquidata e di non permettere che il cinismo e l’interesse di privati, di pochi soggetti, prevalga sul bene e sull’interesse collettivo.

Se, invece, tutto ciò che è stato ricordato con le precedenti affermazioni corrisponde al vero e, cioè, che non ci sono né elementi oggettivi per dubitare della buona fede di tutti i soggetti coinvolti e del rispetto delle regole (a parte quelle etiche) né presupposti seri perché il quarto operatore GSM nel mercato possa sopravvivere, allora noi riteniamo che un’operazione come quella che viene richiesta dall’Azienda, cioè la vendita con successivo break up degli asset, qualora servisse a salvare l’occupazione senza alterare i rapporti di concorrenza preesistenti tra i restanti soggetti sul mercato, non solo è ampiamente giustificata, ma sarebbe addirittura grave ostacolarla o, peggio ancora, non portarla a termine benché autorizzata.

Noi abbiamo grande fiducia e stima nell’operato della Commissione Antitrust europea e degli altri soggetti istituzionali che stanno lavorando sulla vicenda di Blu e ci auguriamo di ricevere presto un riscontro alle nostre considerazioni.

I dipendenti di Blu
Bacheca sindacale dei dipendenti di Blu

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Pubblicato il
5 lug 2002
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