Filtrare i contenuti che passano in rete, bloccare i protocolli P2P e impedire la navigazione di certi siti. Sono queste per IFPI le armi da adottare contro il dilagante problema della condivisione di file musicali su Internet, che secondo l’organizzazione avrebbe raggiunto i 20 miliardi di brani scambiati ogni anno . Per vincere la loro battaglia, i discografici vogliono che gli ISP collaborino attivamente a filtrare il contenuto del World Wide Web.
La cooperazione dei provider, tuttavia, “fino ad oggi non è stata sufficiente in Europa”: a quanto pare i fornitori di accesso ad Internet si danno da fare solo quando il materiale è fisicamente presente sui loro server, ma farebbero troppo poco (o niente) per impedire ai propri utenti di sparare i rispettivi archivi musicali sulle più note reti P2P. Si tratta di “una grande sfida” per IFPI, che punta anche a colpire (indirettamente) tutti quei siti che risiedono in nazioni la cui legislazione di fatto non punisce lo sharing.
Eppure, dice IFPI, ci sono “molte semplici e ragionevoli opzioni” a disposizione degli ISP per aiutarli a contribuire alla lotta alla pirateria. Alcune sono persino già utilizzate, come ad esempio il traffic shaping e il deep packet inspection , “per migliorare la fruibilità della banda nelle ore di punta e per combattere lo spam”. E quindi? Quindi IFPI ha tre proposte per i legislatori UE. Sono tutte “economiche ed efficaci”, e contribuirebbero non poco alla risoluzione del problema.
Primo, content filtering : tracciare tutto il traffico sulle reti, individuare i file audio, confrontarli con un database di riferimento e bloccare i file pirata. Secondo, blocco dei protocolli: impedire completamente l’accesso a certi circuiti di sharing, perché ritenuti luogo d’elezione per scambiarsi materiale proibito. Terzo, impedire la navigazione di certi siti: AllofMP3 , The Pirate Bay , sono tutti siti pericolosi, tanto vale proibirli a tutti per salvare le sorti del mercato discografico.
Filtri, filtri, filtri. Un ritornello che ad Electronic Frontier Foundation non piace affatto: “secondo la nostra esperienza, si tratta di misure inefficaci” spiega l’ organizzazione in una nota, nella quale illustra anche non uno, ma sei motivi per rigettare le proposte di IFPI.
Filtrare la rete taglierebbe le gambe allo User Generated Content , senza considerare le enormi complicazioni per la ricerca scientifica in materia di gestione dei diritti sul materiale prodotto. Agli utenti finali, poi, basterebbe cifrare i pacchetti trasmessi sulla rete per rendere immediatamente inefficace qualsiasi meccanismo di controllo a monte, senza contare che i costi per l’implementazione di tutta questa infrastruttura ricadrebbero sugli stessi consumatori.
Ma soprattutto, una rete non neutrale in Europa taglierebbe le gambe all’innovazione prodotta nel vecchio continente, e indebolirebbe non poco il diritto alla privacy dei cittadini della UE. Permettere a chiunque di intrufolarsi nelle comunicazioni di un comune cittadino, fino a prova contraria private, equivale secondo EFF a limitarne i diritti stabiliti dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani .
Per l’organizzazione non governativa c’è bisogno di rafforzare il concetto di licenza libera , come quelle Creative Commons, e di “democratizzare” le risorse culturali disponibili in rete: “Il filtraggio a livello degli ISP è solo una soluzione placebo”, mentre la rete ha bisogno di maggiore flessibilità e non di “una robotica restrizione della distribuzione” dei contenuti. Il rischio, come sottolinea Ars Technica , è che si ripeta quanto già successo con la normativa IPRED2 .
Luca Annunziata