Il diritto alla privacy? Un concetto relativo

Il diritto alla privacy? Un concetto relativo

di Francesco Bordino. La nostra privacy si sta sgretolando, durante un secolare processo giuridico, morale e culturale. I rischi di un difficile adeguamento del legislatore al vorticoso sviluppo delle tecnologie
di Francesco Bordino. La nostra privacy si sta sgretolando, durante un secolare processo giuridico, morale e culturale. I rischi di un difficile adeguamento del legislatore al vorticoso sviluppo delle tecnologie


Web – Qualche tempo fa un articolo di Punto Informatico analizzava l’invasione dei cosiddetti spyware, piccoli file maligni che trasmettono informazioni dal nostro computer ad aziende pubblicitarie o simili. Faccio girare Optout sul mio computer e trovo 56, dico 56, files e cookies spioni. Allibito. D’accordo, sono un maledetto smanettone, mi diverto a provare tutto ciò che i programmatori mettono a disposizione. Ora però il mio computer è pulito, non dovrei essere più vittima di un controllo non gradito. Però CuteFTP non funziona più; aveva un file advert.dll che Optout ha prontamente rimosso, senza il quale non ne vuol sapere di ripartire. Certo, la mia libertà è ancora assoluta, scarico un altro client ftp e faccio a meno di Cute. Chissà quanti ancora lo usano e chissà quali informazioni trasmette.

Mi torna alla mente un passo dell’intervento di Umberto Eco alla Conferenza di Venezia sulla privacy: “L’assalto alla privacy abitua tutti alla sua scomparsa. Già molti di noi hanno deciso che spesso, il modo per mantenere un segreto, è renderlo pubblico, per cui si scrivono e-mail o si fanno telefonate in cui si dice apertamente ciò che si ha da dire, sicuri che nessun intercettatore troverà interessante una affermazione che non cerca di mascherarsi. A poco a poco si diventa esibizionisti perché s’impara che più nulla potrà essere riservato – e quando non c’è più nulla di riservato, nessun comportamento diventa più scandaloso. Ma, a poco a poco, coloro che attentano alla nostra privacy si convincono che le stesse vittime sono consenzienti, e non si arresteranno più di fronte a nessuna violazione”.

Il Grande Fratello si materializza. Mi riferisco alla trasmissione televisiva; è proprio questo il rischio che porta con sé: esibizionismo e offuscamento del concetto di privacy. Tralasciando le distorsioni culturali proprie del programma, a partire dal titolo. Il termine Grande Fratello di Orwell era una allegoria riferita allo pseudonimo di Stalin, chiamato anche Piccolo Padre. E in “1984” una piccola minoranza controllava tutti gli altri, mentre oggi il Grande Fratello siamo noi che controlliamo un piccolo gruppo di esibizionisti.

E davvero la nostra privacy si sta sgretolando, durante un secolare processo giuridico, morale e culturale. Stefano Rodotà, nell’intervento di apertura della conferenza sopra menzionata ha ricordato una frase del 1844, scritta da Honoré de Balzac in Modeste Mignon: “Cercate di rimanere sconosciute, povere donne di Francia, di vivere il più piccolo romanzo in una società che rende note sulle piazze pubbliche l’ora di partenza e d’arrivo delle carrozze, che conta le lettere e le timbra due volte, nel momento preciso in cui vengono impostate e quando vengono recapitate, che dà un numero ad ogni abitazione!”

Ma non si può rendere il concetto di privacy storicamente relativo, per poter poi affermare che tutte le preoccupazioni si sono rilevate infondate. E’ necessario costituzionalizzare il diritto alla riservatezza, come è avvenuto in Spagna e in Portogallo alla fine degli anni 70, e come richiede anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea approvata negli ultimi giorni. E ‘ necessario cioè porre un limite solenne e invalicabile a quella sfera della nostra vita che ancora definiamo personale, e non pubblica.

Il dubbio, davvero grande pensando ai miei 56 file spioni, è che la tecnologia informatica possa costantemente bypassare traballanti strutture giuridiche create da esperti del settore che faticano a distinguere un server da un provider. Ne è un esilarante, per molti drammatico, esempio il termine di sei mesi previsto dal regolamento 318/1999 per l’adozione delle misure minime sulla sicurezza dei dati personali. Il termine scadeva il 29 marzo del 2000, ed è stato ovviamente prorogato alla fine dell’anno, vista l’oggettiva impossibilità sia dei privati sia delle pubbliche amministrazioni di adeguarsi in tempi tanto rapidi. Proroga che ha avuto conferma solo con una legge entrata in vigore il 9 novembre scorso, a 8 mesi di distanza dalla scadenza del 29 marzo. I soggetti che trattano dati personali e che al primo gennaio del 2001 ometteranno di adottare le misure necessarie a garantire la sicurezza dei dati personali, potranno essere puniti con sanzioni penali. Per la cronaca, fino a due anni di reclusione.

Una legge che garantisce con vigore le tutela dei nostri dati (pensiamo a quelli in possesso degli Internet provider) ma che appare per molti versi inapplicabile a causa di un testo pieno di termini di ardua interpretazione: termini quali “data certa”, “elaboratore accessibile in rete” e “reti disponibili al pubblico”.

L’auspicio è che i giuristi, per definizione tanto attenti all’uso della terminologia giuridica, si abbassino talvolta allo studio dei termini e degli aspetti pratici della nostra vita quotidiana.

Francesco Bordino

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Pubblicato il
18 nov 2000
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