Il diritto all'insulto via cimice

Il diritto all'insulto via cimice

di Lamberto Assenti - Era indagato, nella sua azienda c'erano cimici dappertutto, qualcuno ascoltava tutto quel che diceva. Se n'è accorto, s'è arrabbiato e ha insultato lo spione sconosciuto. Che lo ha denunciato per diffamazione
di Lamberto Assenti - Era indagato, nella sua azienda c'erano cimici dappertutto, qualcuno ascoltava tutto quel che diceva. Se n'è accorto, s'è arrabbiato e ha insultato lo spione sconosciuto. Che lo ha denunciato per diffamazione


Roma – No, proprio non va giù l’incredibile vicenda di quell’ispettore di polizia che ha deciso di denunciare un commerciante di Agrigento che lo ha insultato. Non direttamente, si badi bene, ma urlandogli addosso attraverso una delle molte cimici con cui l’attività commerciale dell’uomo era stata infestata. Quei piccoli dispositivi figli dell’alta tecnologia – capaci di catturare suoni anche di bassa intensità in un raggio piuttosto ampio e di spedire quei suoni a lunga distanza – erano stati posizionati dappertutto.

La denuncia sporta contro il commerciante ora pesa come un macigno su tutti gli italiani. Non solo l’ispettore per condurre le sue indagini, senz’altro importanti e certamente del tutto legittime, ha potuto disporre di un metodo in sé assolutamente sgradevole ed invasivo come quello dell’intercettazione audio attraverso sofisticati device di spionaggio, ma ora si pretende anche che un indagato che si accorga delle cimici non si alteri.

Primo punto: quel commerciante i sistemi spia non avrebbe mai dovuto trovarli. Il fatto che chi indagava su di lui non li abbia sistemati a dovere dovrebbe essere sufficiente a produrre dei provvedimenti disciplinari per incompetenza o, nel minore dei casi, per negligenza.

Secondo punto: il diritto di offendere via cimice. E’ impensabile, innaturale, poliziesco, mi si passi il termine, che dinanzi ad una palese violazione della propria vita, ad una violenza che può essere autorizzata da un magistrato ma violenza rimane, si pretenda che il cittadino reagisca tacendo, magari chinando anche il capo.

Fino a quando non sia condannato, quel commerciante è un cittadino innocente che ha dunque tutti i diritti alla riservatezza e che, evidentemente, si aspetta di godere di una qualche forma di privacy. Se questa viene violata in modo tanto subdolo – al di là delle ragioni per le quali ciò accade – il minimo è attendersi una reazione sorpresa, dispiaciuta, preoccupata o tesa, o forse tutto queste cose insieme.

Il commerciante ora è finito nelle pastoie di un processo per diffamazione che si terrà a breve. La frase incriminata è un celebre insulto: “maresciallo, lei è una testa di..” (omissis). Siamo sicuri che dopo l’assalto di cimici hi-tech si meriti anche quello di un processo low-tech per diffamazione?

Lamberto Assenti

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Pubblicato il
3 dic 2002
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