Il replicatore? Rivoluzionario ed open

Il replicatore? Rivoluzionario ed open

Alcuni ricercatori aprono un nuovo laboratorio dedicato allo sviluppo del Replicatore di trekkiana memoria. Considerata la chiave di volta per una nuova era dell'Umanità
Alcuni ricercatori aprono un nuovo laboratorio dedicato allo sviluppo del Replicatore di trekkiana memoria. Considerata la chiave di volta per una nuova era dell'Umanità

Pretoria (Sud Africa) – Una stanza, tre computer Linux, un laser, alcuni apparecchi a controllo numerico, uno scanner tridimensionale et voilà : ecco tutto il necessario per costruire oggetti che portino nel mondo fisico l’elaborazione digitale tridimensionale.

Questi apparecchi sono soltanto alcuni degli strumenti adoperati nei FabLab , abbreviazione di Fabrication Laboratory , sparsi per tutto il mondo. Sono già sette e l’ultimo è stato inaugurato a Pretoria, in Sud Africa. Quaggiù, esattamente come nell’omonimo distaccamento norvegese, gli antenati dei replicatori molecolari di Star Trek sono il pane quotidiano per decine di ricercatori del MIT Center for Bits and Atoms .

All’interno dei vari FabLab, gli studiosi lavorano per mettere a punto una tecnologia open source che permetta la replicazione di oggetti . Finora sono riusciti a realizzare antenne wireless, piccoli apparecchi elettronici ed occhiali da sole. Partendo da materie prime naturali o artificiali come legno e leghe polimeriche, nel prossimo futuro i FabLab potranno essere utilizzati per compiere l’ultimo passo verso l’ automazione totale dell’industria.

Un replicatore trekkiano Un cambio di paradigma che metterà in dubbio i fondamenti dello stesso concetto del diritto d’autore : con la facilità d’uso di un odierno masterizzatore CD, con il progetto ed i componenti necessari sarà possibile produrre di tutto. Il progetto ha grandi ambizioni e conta sul supporto di una vasta comunità accademica finanziata dalla Fondazione Nazionale per la Scienza degli Stati Uniti. Biologi, chimici, matematici ed ingegneri: i progetti sviluppati in seno ai FabLab porteranno una ventata d’aria fresca sull’intero panorama tecnologico.

Il costo del costruttore universale è elevato: un prototipo completo richiede un investimento di circa 16mila euro. Ma i replicatori del futuro, sviluppati con tecnologie nanoelettroniche, arriveranno a costare cifre irrisorie , al di sotto dei 1000 euro. Nelle scrivanie di tutto il mondo, accanto alla stampante, potranno così apparire piccole “fabbriche” portatili. Destinate irrimediabilmente a diventare, presto o tardi, assemblatori molecolari .

Gershenfeld con Bill Clinton Ed è questo il sogno di Neil Gershenfeld , dottore in fisica e studioso visionario dell’infinitamente piccolo (nella foto). Ormai da anni all’inseguimento di quel Replicatore che finora si è visto solo a bordo dell’ Enterprise , lo scienziato è sicuro che il suo percorso di ricerca porterà prosperità e ricchezza alle popolazioni povere del globo. A differenza di simili macchinari sviluppati dall’Università di Cambridge, nel Regno Unito, i replicatori dei FabLab serviranno per portare la tecnologia là dove non esiste.

Nel suo libro , FAB: The Coming Revolution on Your Desktop , Gershenfeld dipinge lo scenario di un futuro sempre più vicino: “Il digital divide in realtà non è l’unico baratro: tra noi ed i paesi poveri c’è anche un abisso strumentale ed industriale. Tramite l’informatica è possibile portare il progresso alle tribù Sami dell’alta Norvegia, mettendoli in grado di costruire semplici apparecchi per la radiocomunicazione a partire da pezzi di ferro, così come ai bambini dell’India nei villaggi sperduti”.

Non resta che sperare nella lungimiranza del team diretto da Gershenfeld. Ma non tutto è oro quel che luccica: fino all’avvento dei nanoassemblatori atomici, ancora distante, rimangono i grandi problemi sollevati dalla distribuzione delle materie prime ed il gigantesco scoglio dell’approvvigionamento energetico.

Tommaso Lombardi

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Pubblicato il
16 giu 2005
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