Il telefonino della convergenza

Il telefonino della convergenza

di Marina Mirri. Siamo alle porte di un grande nuovo flop... Ops! Pardon, intendevo dire di una nuovo grande tentativo di applicazione della teoria della convergenza tecnologica: quello della Internet mobile
di Marina Mirri. Siamo alle porte di un grande nuovo flop... Ops! Pardon, intendevo dire di una nuovo grande tentativo di applicazione della teoria della convergenza tecnologica: quello della Internet mobile


Roma – Notizia di questi giorni: il servizio WebTv che Microsoft ha rilevato nel 1997 e che avrebbe dovuto realizzare la convergenza fra Internet e TV, chiude. L’altro gigante americano, AoL Time Warner, sta ottenendo tiepidissimi riscontri al lancio del suo servizio analogo denominato AOL TV.

Le esperienze europee di interazione Internet e TV sono poi state fino ad oggi pochissime e fallimentari, eppure anche da noi, dopo il megatonfo di Freedomland, si sta continuando a investire, seppur tiepidamente, in questo tipo di business. Un business sbagliato?

Ci sono voluti quasi 5 anni per comprendere una cosa che diciamo da tempo e che chi conosce un po ‘ Internet ha sempre saputo. La rete e la TV non sono fratelli e nemmeno cugini. Sono semplici conoscenti che parlano lingue differenti e che per qualche ragione si piacciono anche poco.

La convergenza fra media diversi, a dispetto di quanto abbiamo ascoltato da analisti e esperti in questi anni, non dipende solo da variabili tecniche (la larghezza di banda, la disponibilità e il costo dei set top box, la discesa in campo di grandi investitori) ma anche e soprattutto da variabili culturali la prima delle quali è domandarsi “cosa ci faccio con questo nuovo coso”.

La convergenza tecnologica è più che altro una idea bellissima alla quale hanno creduto in molti per tante differenti ragioni. La più importante di queste è banalmente prevedibile: le macchine, nella espansione delle loro possibilità tecniche, finiscono inevitabilmente per invadere il campo vicino. I telefoni ricevono email, su Internet si possono spedire SMS, lo streaming audio video nei collegamenti a larga banda apre nuove prospettive (altra notizia di questi giorni: alcuni piccoli network TV americani stanno migrando dall’etere alla rete), la tv digitale consente un utilizzo interattivo ed anche un accesso a Internet dal divano di casa propria. Eccetera eccetera. Vuoi non trovare qualcuno che sostenga che alla fine tutto “convergerà” verso un unico sistema multipotenziale? E ‘ appunto una affermazione banale. E, a tutt’oggi, quasi completamente irrealizzata.

Il secondo motivo, anch’esso assai importante, per cui per anni abbiamo sentito parlare di “convergenza tecnologica” è che tale modello è funzionale alle esigenze della grande industria delle comunicazioni e dei produttori di contenuti. Sì, perché l’invasione di campo delle tecnologie significa anche, in mano al più forte, grandi possibilità di espansione commerciale in ambiti di business differenti. Il produttore di software potrà finalmente occuparsi di contenuti multimediali, il grande gruppo editoriale potrà dedicarsi alle comunicazioni e via di questo passo. Si tratta di una opzione in più riservata, in gran parte, a chi abbia capitali e risorse per estendere il proprio campo di azione.

Ma quali sono i vantaggi per gli utenti in questa battaglia di posizione verso la convergenza, specie se si considera che tale rivoluzione viene costantemente spacciata per un processo a misura di consumatore? Eccoci alle note dolenti. I vantaggi (quelli concreti che decretano l’immediato successo di una iniziativa) nella stragrande maggioranza dei casi ancora non ci sono. Pensate di farmi leggere una mail da una voce sintetica sul cellulare? Insistete perché navighi in rete da un telefono wap? Mi proponete di guardare un telegiornale collegato a Internet?

Perché? Perché mai dovrei volerlo fare? In nome della convergenza degli interessi altrui? O per quale altra ragione? E se non è così, se si tratta di un pensiero malevolo e ingiustificato e quello che attraversiamo è ancora un periodo di transizione (dalla durata ormai talmente lunga da creare qualche sospetto), quanto ancora dovremo aspettare per vedere concretamente realizzato quanto ipotizzato?

Siamo alle porte di un grande nuovo flop… pardon, intendevo dire di un nuovo grande tentativo di applicazione della teoria della convergenza tecnologica: quello della Internet mobile. In nome dei telefoni mobili di terza generazione si sono scritte tali e tante enormità in questi mesi da meritare di essere catalogate e ricordate a futura memoria. Eppure già oggi le previsioni, per esempio quella di Gartner Group sul business 3G, a due anni dalle effettive applicazioni del protocollo UMTS, ammoniscono che sarà difficile chiedere per la Internet mobile più soldi di quanti non si destinano oggi alle comunicazioni in voce via GSM.

Tempi duri per chi ha investito in licenze miliardarie e strutture, in attesa di una convergenza che fino ad oggi è ancora tutta rinchiusa nella testa dei guru delle nuove tecnologie.

Marina Mirri

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Pubblicato il
3 mar 2001
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