È il quinto contractor militare del mondo, e ora la società statunitense Raytheon torna a far parlare di sé per un software di spionaggio altamente avanzato, un motore di ricerca capace di trasformare l’enorme mole di informazioni personali presenti nei social network in veri e proprio profili facilmente consultabili a sfondo spionistico.
Uno scenario non proprio innovativo e sempre più chiacchierato soprattutto negli States, quello di trasformare l’interazione online fra utenti in un nuovo e sofisticato meccanismo di intercettazione “automatizzata” e al costo di un paio di click da parte dell’operatore.
Raytheon, nel caso in oggetto, sta sviluppando la tecnologia software RIOT ( Rapid Information Overlay Technology ) assieme all’industria, i laboratori nazionali e i partner commerciali come “proof-of-concept” di un sistema non destinato alla vendita ai privati.
Il Guardian ha pubblicato un video che dimostra le notevoli potenzialità di RIOT in azione: prendendo ad esempio la ID digitale di un dipendente dell’azienda, la clip video mostra l’accesso alle informazioni dei social network corrispondenti (Facebook, Twitter, Forsquare e altri), la visualizzazione dei percorsi in Google Earth, e persino la capacità di prevedere le aree che probabilmente visiterà in futuro.
Il processo analitico su scala “estrema” reso possibile da RIOT sembra trarre vantaggio dalle informazioni pubblicamente e volontariamente condivise dagli utenti, gli aggiornamenti di stato e di posizione, i metadati EXIF archiviati nelle fotografie scattate da ogni genere di apparecchio elettronico, le abitudini quotidiane (come ad esempio la visita a una palestra) confessate o commentate su Facebook.
Raytheon conferma l’esistenza della piattaforma RIOT, ma rassicura sulla natura strettamente “non commerciale” del software e sulla capacità di preservare la privacy degli utenti nei controlli a scrematura: le funzionalità in difesa della riservatezza sono “le più robuste a noi note”, sostiene il contactor statunitense, e la condivisione/analisi dei dati “social” non include informazioni personali come codici fiscali, account bancari e altro.
Alfonso Maruccia