In Iran il Web si vede a scacchi

In Iran il Web si vede a scacchi

Seguendo le mosse del Pakistan e dell'Arabia Saudita un altro grande paese islamico decide di alzare un muro tra i propri cittadini e l'informazione scomoda. In modo meno ipocrita che in Cina
Seguendo le mosse del Pakistan e dell'Arabia Saudita un altro grande paese islamico decide di alzare un muro tra i propri cittadini e l'informazione scomoda. In modo meno ipocrita che in Cina


Roma – Se a Pechino il regime cinese si affanna a spiegare contro tutte le evidenze che i contenuti internet che censura sono prima di tutto quelli pornografici, a Teheran la decisione di bloccare l’accesso a migliaia di siti informativi nel mondo è presentata senza ipocrisia: il tentativo ufficiale è quello di impedire l’accesso di news sgradite all’oligarchia religiosa e rivoluzionaria che governa il paese.

In Iran entro breve tempo i fornitori di accesso, già legati mani e piedi ad una serie di regole sull’offerta di servizi internet, dovranno impedire ai propri utenti, a cominciare dai net-café, di accedere ad una lista di siti che secondo Reuters comprende la bellezza di 15mila indirizzi internet.

Seguendo le orme del Pakistan , uno degli stati islamici dove più attenta è l’attività censoria del regime sulla circolazione delle idee e delle informazioni su internet, l’Iran ha deciso di rendere più difficile il collegamento a siti giornalistici che presentano critiche al regime o a siti “immorali”, laddove vengono così definiti quegli spazi web portatori di valori contrari a quelli propugnati da Teheran.

Secondo i giornali iraniani che hanno riportato la notizia, l’input alla censura del web è arrivata dalla nomenklatura islamica che avrebbe chiesto alle autorità governative di agire. Il viceministro delle Poste e delle Telecomunicazioni, Masoud Davari-nejad, avrebbe quindi dichiarato: “Abbiamo iniziato a bloccare l’accesso a siti immorali e a siti politici che si fanno gioco in modo grossolano delle personalità religiose e politiche del nostro paese”.

Va detto che in Iran, proprio come in Arabia Saudita, in Egitto e in altri paesi dove più forte è la censura sulla stampa, sono molti gli oppositori o i riformisti che attraverso internet hanno potuto da qualche anno a questa parte diffondere quelle idee che non potevano trovare spazio sui giornali cartacei. Negli ultimi tre anni, peraltro, le autorità di Teheran hanno messo al bando più di 80 testate giornalistiche diffuse su supporto cartaceo.

Per i provider che non rispetteranno la “lista nera” sono previste conseguenze giudiziarie non meglio specificate.

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Pubblicato il
12 mag 2003
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